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Ennio Morricone: patrimonio culturale come Colosseo e Gioconda


Il Maestro diceva: «la composizione è un’evocazione». Le comunità unite nel silenzio dell’ascolto. Da Sergio Leone a Quentin Tarantino.

Un film è quello che vediamo e ascoltiamo, ma la musica rappresenta quello che non si dice, quello che non si vede.”

Ennio Morricone

Non avrei mai voluto scrivere questo “in memoriam” ma il 2020 è impietoso e più che mai accanito nel fare tabula rasa del nostro patrimonio artistico.

Sì, “patrimonio”, perché Morricone è da considerarsi un bene culturale al pari del Colosseo o della Gioconda (…benché non sia più nostra).

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Questa mattina gli Italiani si sono svegliati orfani di quello che si può considerare uno dei più grandi musicisti del nostro secolo.

Un’arte la sua, imparata dalla maestria di un altro importante compositore del Novecento, Goffredo Petrassi, alimentata da tanto talento, ma anche tanta dedizione e un grande amore per la musica, solo secondo a quello della sua adorata consorte Maria.

La serietà negli affetti il Maestro la esigeva anche dalle note, con l’immagine instaurava un matrimonio, un amore a prima vista, ad ispirarlo non erano solo i suoni ma anche i ricordi della sua mente. Uno studio profondo che incominciava alla scrivania della sua casa romana perché, come lui stesso affermava, la musica si concretizzava prima nella sua testa e poi sui tasti del pianoforte.

Diceva che la composizione era una prassi evocativa, la capacità di riportare alla luce un sentire privato ma nello stesso tempo collettivo, un potere capace di creare una comunità dell’ascolto o paradossalmente del silenzio.

In lui non c’era solo musica, le sue armonie sono pennellate di colore, luci, profumi, un mare di sensazioni potenti capaci di indurti la commozione.

Oltre al fortunato sodalizio con il suo compagno di infanzia Sergio Leone, felice è stata la collaborazione con Giuseppe Tornatore, Bernardo Bartolucci e Carlo Verdone.  Ha scritto colonne sonore anche per grandi registi di Hollywood come Brian De Palma e Quentin Tarantino.

Sue le musiche de La Piovra il cui ascolto riporta all’atmosfera degli anni Novanta, al profumo dell’afa romana d’agosto, alla luce calda del tardo pomeriggio che si staglia sui Fori Imperiali. Perché la sua arte era quella di scrivere emozioni, regalarci immagini che vanno a sovrapporsi ad altre immagini e creano con il Cinema quella felice alchimia capace di renderlo la settima arte.

Morricone era anche un raffinato arrangiatore, sono suoi tra gli altri, quello di Sapore di Sale di Gino Paoli e Se telefonando di Mina.

Poco famose ma di rara bellezza le musiche di Menage all’Italiana di Franco Indovina, dove la canzone In fondo ai tuoi occhi è cantata da un’affascinante Anna Moffo prestata per l’occasione al Cinema dalla Lirica.

Un grande, che ha dovuto attendere il 2007 per aggiudicarsi il premio Oscar alla carriera che ha dedicato a tutti quelli che, pur meritandolo, non lo hanno ancora ricevuto e alla sua Maria. Un secondo premio Oscar gli è stato assegnato nel 2016 per The hateful eight di Tarantino.

Una sua convinzione era quella che tra cento, duecento anni i posteri capiranno come eravamo dalle colonne sonore dei film della nostra epoca… Maestro se ascolteranno la sua musica regalerà di noi un’immagine magnifica, poco veritiera purtroppo… ma grazie anche per questo.

Immagine: ROBYN BECK / AFP/GETTY IMAGES – al link.

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