L’immagine del Diavolo nei Tarocchi


Il Signore della lascivia che lega a sé gli uomini. Stupendamente bello da far firmare qualsiasi contratto, di natura orribile allo scadere del tempo. Terminata la partita, la carta del Diavolo veniva tolta dal mazzo.

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Il trionfo del Diavolo è assente nelle carte miniate del sec. XV giunte fino a noi. Il motivo risiede nel fatto che una volta terminata una partita, i giocatori ponevano il mazzo in un cassetto e la carta del Diavolo in altro luogo, ritenendo che potesse creare fastidio alle altre carte del mazzo.

Cosicché conosciamo l’immagine del diavolo (termine derivato dal greco Diabolos = calunniatore, equivalente all’ebraico Satan = avversario) nei trionfi solo dai mazzi popolari dei secoli successivi, tendenzialmente realizzati con tecnica xilografica. Le sue versioni iconografiche, derivate dal Dio etrusco degli Inferi Charun, rispecchiano la tendenza del tempo che lo figurava mostruoso, con naso adunco, denti a forma di zanne, orecchie a punta, ali di pipistrello, zampe di falcone o caprine, con le corna e, in diverse occasioni, anche gastrocefalo, cioè con un viso sull’addome a significare, al di là di un crescendo di bestialità, lo spostamento della sede intellettiva posta al servizio degli appetiti più bassi. In tale versione fu raffigurato da Giovanni da Modena (fig. 1) nell’affresco dell’Inferno entro la Cappella Bolognini (1410), lo stesso affresco dove è presente la figura dell’Appeso, il traditore di Dio.

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1, Affresco dell’inferno, Cappella Bolognini

Lo troviamo gastrocefalo nel Tarocco Parigino di anonimo d’inizio sec. XVII, nel foglio Rothschild, in un foglio di tarocchi italiani del sec. XVI dove è munito anche di ali e nel Tarocco di M. Agnolo Hebreo del sec. XVI nell’atto di rapire due fanciulli che tiene stretti sotto le braccia. Nei Tarocchi Rosenwald con zampe da falcone, corna e con un forcone nella mano, appare abbigliato come gli uomini selvaggi che ricorrono nella tradizione figurativa dei secc. XV e XVI. Nei Tarocchi Leber di manifattura italiana del sec. XVI, la carta Perditorum Raptor (rapitore delle anime perdute) raffigura Plutone, il dio degli Inferi dal viso mostruoso, sul suo carro dopo aver rapito una fanciulla che appare completamente nuda. Sotto il carro, trainato da due cavalli imbizzarriti, sono dipinte delle fiamme (fig. 2).

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2, Rapitore delle anime perdute

Questa immagine ci riporta alla storia di Angela Manti, nobildonna lucchese che uccideva i suoi amanti dopo l’amplesso facendoli cadere in una botola il cui fondo era irto di lame affilatissime. La leggenda vuole che avendo fatto un patto con il Diavolo, presentatosi a lei come un giovane di straordinaria bellezza, per rimanere sempre giovane e bella per almeno trent’anni, trascorso il tempo il Diavolo reclamò la sua anima. Nonostante tutti i tentativi della donna di fuggire da tale situazione, il Diavolo la trascinò all’Inferno nuda su un carro di fuoco. Poiché questa vicenda, ovviamente per noi fantasiosa, ma ritenuta probabilmente vera per gli uomini di quel tempo la cui superstizione e immaginario rendevano credibili storie come questa, ebbe larga risonanza, non è improbabile che l’ideatore del mazzo Leber si sia ispirato a questa leggenda.

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La nudità dei due personaggi trova un preciso riscontro in Cesare Ripa che nella sua Iconologia scrive al riguardo dell’immagine di Plutone:

“Huomo ignudo, spaventoso in vista […] Dipingesi nudo, per dimostrare, che l’anime de’ morti, che vanno nel Regno di Plutone, cioè nell’Inferno, sono prive di ogni bene, & di ogni cōmodo, onde il Petrarca in una sua canzone, così dice à questo proposito: Che l’alma ignuda, e sola / Convien che arrivi à quel dubbioso calle. Spaventoso si dipinge, percioche così conviene essere à quelli, che hanno da castigare li scelerati, secondo che meritano l’errori commessi”.

Nei Tarocchi di Marsiglia, a iniziare dal mazzo Noblet datato 1660 (fig. 3), due piccoli demoni sono legati al piedistallo del diavolo, per rappresentare la lascivia che rende gli uomini suoi schiavi. Questo motivo si ritrova in contesti sacri, come in un capitello della chiesa di Saint Austremoine a Issoire, in Francia (fig. 4).

Il tema dei due piccoli demoni posti su entrambi i lati di un piedistallo in questo XV Trionfo, forma un parallelo demoniaco con i due accoliti del V Trionfo, il Papa. Il diavolo in Noblet possiede inoltre le caratteristiche di entrambi i sessi. L’offuscamento delle distinzioni sessuali era considerato un anatema per la Chiesa medievale: un esempio ben noto riguarda Giovanna d’Arco, la quale, contro l’insistenza della Chiesa che pretendeva indossasse abiti femminili, preferì essere bruciata sul rogo, ritrattando tutte le testimonianze che l’avevano salvata da quello stato. L’Inquisizione accettò ben volentieri il suo desiderio.

Sia Court de Gébelin che Oswald Wirth, il primo nell’ottavo volume dell’opera Le Monde Primitif (1781) e il secondo in Le Tarot des Imagiers du Moyen Age (1927) (fig. 5) raffigurarono il Diavolo con due piccoli diavoletti legati al suo piedistallo. Connotata da valenze più profonde dal punto di vista esoterico, è l’immagine che si trova all’inizio del secondo volume dell’opera di Eliphas Levi, Dogme et Rituel de la Haute Magie (Dogma e Rituale dell’Alta Magia) del 1856 (fig. 6).

Oltre a suggerire il Diavolo cristiano, questo simbolo rappresenta il Baphomet dei Templari, per loro Pan, e per Levi:

“Le dieu de nos écoles de philosophie moderne, le dieu de théurgistes de l’école d’Alexandrie et des mystiques néoplatoniciens de nos jours, le dieu de Lamartine et de M. Victor Cousin, le dieu de Spinosa et de Platon, le dieu des écoles gnostiques primitives; le Christ même du sacerdoce dissident”

“Il dio delle nostre scuole di filosofia moderna, il dio dei teurgici della scuola di Alessandria e dei mistici neoplatonici dei nostri giorni, il dio di Lamartine e di Victor Cousin, il dio di Spinoza e Platone, il dio delle primitive scuole gnostiche, lo stesso che il Cristo del sacerdozio dissidente”.

Levi afferma che “le bouc représente le feu, et il est en même temps le symbole de la génération” (la capra rappresenta il fuoco, ed è allo stesso tempo il simbolo della generazione), mentre le parole solutio e coagulatio che compaiono sul braccio destro e quello sinistro rappresenterebbero la ripetuta dissoluzione (solutio) e condensazione (coagulatio) delle energie astrali che il Mago può raccogliere e purificare attraverso mezzi alchemici. Le mani rivolte in alto e in basso indicano “en haut la lune blanche de Chesed, et en bas la lune noire de Géburah. Ce segno di esprime le parfait accord de la miséricorde avec la justice” (sopra la luna bianca di Chesed, e sotto la luna nera di Geburah. Questo segno esprime il perfetto accordo della misericordia con la giustizia).

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Didascalie foto: 1.Giovanni da Modena, Il Diavolo, affresco, particolare da l’Inferno, 1410. Bologna: Cappella Bolognini, Basilica di San Petronio; 2. Il Diavolo, dai Tarocchi Leber, manifattura italiana, c.1540-1550. Rouen: Bibliothèques municipales; 3. Il Diavolo, dai Tarocchi Noblet (Jean Noblet), Parigi, 1660. Parigi: Bibliothèque Nationale; 4. Diavolo trascina i dannati, capitello policromo, sec. XII. Issoire: Chiesa di Saint Austremoine; 5. Oswald Wirth, il Diavolo, da Le Tarot des Imagiers du Moyen Age, 1927; 6. Eliphas Levi, Il Becco del Sabba, in ‘Dogme et Rituel de la Haute Magie’, Volume II, 1856.