Sbronza da delivery


Cosa c’è dietro il mondo delle consegne lampo che vedi solo dallo smartphone? Tanta organizzazione, algoritmi, investimenti internazionali e ovviamente, tra i tanti problemi, il precariato dei rider e la solitudine collettiva. La pandemia è stata un acceleratore [in coda, ricetta: Panbrioche]

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Arrivi a casa sotto la pioggia, ti metti in pantofole, ti accorgi che frigo e dispensa son pressoché vuoti, ti rivesti ed esci? Macché! Afferri lo smartphone e in un quarto d’ora, o anche meno, ricevi a casa la cena, magari non proprio gourmet ma meglio che spaghetti alla marmellata.

Per far fronte ai voraci appetiti dei millennial allevati col modello Amazon, allo storico take away in pizzeria o nella paninoteca di turno, si son affiancate le ‘dark kitchen’, ossia ristoranti che dedicano un corner della loro cucina alla preparazione di piatti da destinare alla consegna, e ilaboratori delivery-only che vivono solo come entità digitali.

Si tratta di cucine:

‘ghost’ (è il caso in cui un singolo ristoratore gestisce un laboratorio all’interno del quale sviluppa uno o più brand unicamente da asporto, senza alcuna insegna o somministrazione al pubblico).

‘cloud’ (alla base c’è uno schema di co-working: diversi operatori condividono una cucina e molti dei costi operativi al fine di avviare agevolmente un business di food-delivery).

virtual’ (prevede la produzione e consegna di cibo in modalità ghost o cloud, ma sotto licenza di franchising o licensing di un altro brand, cui andranno riconosciute delle fee a seconda delle disposizioni contrattuali).

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Ottimizzare la varietà di offerta e cicli lavorativi così da raggiungere la più vasta fetta possibile di clienti è il mantra della ristorazione alternativa, che ha delegato ad aggregatori come UberEat, JustEat o Deliveroo il ruolo di marketplace tuttofare, legittimandoli all’uso dei Big Data per la piattaforma infrastrutturale, dell’intelligenza predittiva degli algoritmi per anticipare la domanda, passando per il tracking in real time della consegna.

Se nel 2019 il food delivery era un mercato dalle potenzialità di crescita esplosive su base decennale, grazie alla pandemia ha subito una brusca accelerazione con un valore, nel corso del 2021 in Italia, salito a 1,4 miliardi di euro, una copertura che tocca pressoché tutte le città sopra i 50 mila abitanti e un volume d’affari fra i più impattanti sul PIL nazionale.

Ora poniamo il caso invece, che la suddetta sera di pioggia tu sia in fissa col fai-da-te, credi di esser fuori dal giro? Sbagliato! Nei canonici quindici minuti ricevi la spesa salva-cena perfettamente imbustata. Tutto merito dei ‘dark store’, una rete di magazzini di quartiere e la solita squadra di fast delivery a marchio Glovo, Everli o Gorillas (tanto per citarne alcuni), che grazie ad algoritmi per la stima delle unità di carico richieste per l’evasione degli ordini e per l’ottimizzazione in funzione della schedulazione delle consegne, garantiscono un cestino di beni di largo consumo in tempi record. Tocca riconoscerlo: la comodità del q-commerce, evoluzione dell’e-commerce, oggettivamente c’è e dà pure una certa dipendenza.

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Il rovescio della medaglia ovviamente non manca, e non si tratta solo degli indicatori di prestazione a tempo dei picker (circa 45 sec. per prelevare, scansionare e confezionare 10 articoli), del precariato dei rider, delle criticità in merito al rispetto delle temperature in fase di trasporto (il Regolamento CE 178/02 prevede 63°C per i cibi caldi e 4-8°C per quelli freddi) ma anche delle condizioni igienico-sanitarie di magazzini e laboratori, dell’aumento di traffico e inquinamento acustico in loro prossimità (Amsterdam da gennaio 2022 ha bloccato l’apertura di nuovi dark store), dell’assottigliarsi della socialità collettiva di quartiere.

La gig economy garantisce tutto e subito al prezzo dell’estrema standardizzazione di offerta e servizio al cliente, ma soprattutto del venir meno di tutti quegli incontri “più o meno casuali” in attesa di un tavolo fuori del ristorante o grazie ad uno scontro di carrelli tra le file di un supermercato.

E se quella sera sotto la pioggia avessi incontrato l’altra metà della mela?

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RICETTA: Panbrioche

Un pane soffice e versatile per dolce e salato: il panbrioche.

  • 250 gr Farina manitoba
  • 250 gr Farina 1
  • 25   gr Lievito di birra fresco
  • 220 gr Acqua tiepida
  • 40   gr Zucchero semolato
  • 10   gr Sale fino
  • 80   gr Burro morbido
  • 1 Uovo fresco
  • 1 Tuorlo fresco
  • q.b. Panna fresca

In una capiente terrina (o in planetaria con gancio) unire farine setacciate, lievito, zucchero, acqua, uova e mescolare energicamente per 5 min. poi aggiungere il sale continuando ad impastare fino ad ottenere una massa elastica, infine incorporare il burro a pezzetti. Lasciar riposare l’impasto a temperatura ambiente per 15 min. quindi ritagliare 8 pezzature circolari e disporle in uno stampo da plumcake ben imburrato. Lasciar lievitare 1h a 22°C o comunque fino al raddoppio del volume, spennellare la superfice con il tuorlo sbattuto con un goccio di panna ed infornare a 190° C per 15-20 min. (statico valvola chiusa).

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