Memorie del teatro di corte di Palazzo Caetani


I precursori dell’Accademia dell’Arcadia e il passaggio dei giganti del primo Settecento, da Scarlatti a Handel. Quando i feudatari spostarono la cultura dal centro del regno a Piedimonte Matese.

L’idea di costruire un teatro di corte a Palazzo Caetani, in Piedimonte Matese, sul finire del ‘600, si innesta nell’attività culturale promossa dai feudatari del luogo, Aurora Sanseverino e Niccolò Gaetani d’Aragona, ed è frutto dei loro interessi maturati a contatto con lo stuolo degli intellettuali, non solo meridionali, tra i quali il Perrucci, peraltro imparentato con Aurora, e Nicola Amenta. 

Andrea Perrucci è tra gli autori e i principali teorizzatori della commedia dell’arte.

Nel 1699, pubblicata a Napoli, dalla stamperia di Michele Luigi Muzio, l’opera “Dell’arte rappresentativa premeditata ed all’improvviso”, del Perrucci, viene «consecrata» ad Aurora Sanseverino e a Niccolò Gaetani.  

L’arte rappresentativa” è un testo chiave per chi si accinge a fare teatro, ed è indirizzata «non solo a chi si diletta di rappresentare», ma anche a tutti coloro che lavorano nel campo della comunicazione: «a Predicatori, Oratori, Accademici, e Curiosi». L’autore riordina i canovacci delle “recite all’improvvisa”, e conferisce alla commedia delle maschere una semplice sapidità. 

La Sanseverino e il consorte hanno frequentato l’Accademia degli Spensierati” a Rossano. Gli interessi della signora di Piedimonte sono improntati ad un classicismo che conserva le suggestioni dei petrarchisti del ‘500, e del Petrarca stesso e che sfocerà nell’Arcadia. L’Arcadia, il grande movimento rinnovatore, che superando le precedenti costruzioni, epilogherà nel trionfo bucolico dei “pastori-poeti” idealizzanti la mitica regione dell’antica Grecia, nel simbolo della siringa musicale del dio Pan.

Nel circolo degli “Spensierati opera anche il Crescimbeni, futuro fondatore dell’“Accademia dell’Arcadia”, dove saranno accolti Aurora e Niccolò, un personaggio, quest’ultimo forse non adeguatamente valutato e sicuramente sormontato dalla fama della consorte che fu tra le più abili organizzatrici della cultura settecentesca nel Meridione d’Italia, nel primo trentennio del ‘700.   

Niccolò Gaetani era stato allievo di Leonardo di Capua. Questi, insieme al Cornelio, aveva dato slancio al rinnovamento degli studi scientifici ed anti-galenisti fra gli Accademici Investiganti.

In linea con le polemiche contro il potere politico di Leonardo di Capua, Niccolò Gaetani chiudeva il suo volume di educazione e comportamento, “La disciplina del cavalier giovane”, con un attacco verso la nobiltà dei suoi tempi, dopo che nell’introduzione aveva lamentato: «le leggi dell’onesto vivere viziate e corrotte, lettere malmenate».

L’opera fu rivista da Gianbattista Vico, se non proprio scritta dal filosofo, secondo il parere di Benedetto Croce che, avendo ritrovato tra le carte vichiane alcuni fogli della “Disciplina del giovane cavaliere”, credette di poterne attribuire la paternità direttamente al filosofo di Vatolla. 

Il circolo che fiorisce a Napoli e a Piedimonte intorno ad Aurora e a Niccolò segna un progressivo distacco dal barocco. Nel 1717, Niccolò Amenta, dedicando un testo teatrale, “La Giustina”, ad Aurora Sanseverino, ribadisce il nuovo corso che la commedia ha il dovere di intraprendere, abbandonando le esagerazioni.

I due feudatari spostano l’orizzonte culturale dal centro del regno meridionale alla periferia delle loro terre, dove nascono importanti collaborazioni con gli esponenti della cultura europea suffragata anche da rapporti amicali.

La predilezione della Sanseverino per la “musica figurata”, oltre che l’interesse per la poesia, darà lustro al feudo dei Gaetani, tanto che nel piccolo teatro di corte di Piedimonte passeranno nomi noti e notissimi della cultura teatrale e musicale del primo Settecento: dal Giuvo agli Scarlatti, a Handel

Bibliografia:

  • A. Barbiero, Arte e storia nel Palazzo Ducale di Piedimonte d’Alife, Libri di arte Scienza e Cultura della Banca Capasso Antonio S.p.A. III, Piedimonte Matese,2000 pag. 51;
  • B. Croce, Bibliografia vichiana, a cura di F. Nicolini, Napoli, 1947-1948, pag. 116; 
  • N. Amenta, La Giustina, Michel-Luigi Muzi, Napoli 1717, pagg. III-IV e pag. 332. 

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