L’Imperatore dei Tarocchi


Cosa lo lega all’aquila e al sole? La lungimiranza e l’arte del governo legittimata dal divino. Ideale o propaganda? Ricordiamo che l’inventore dei Tarocchi era un principe ghibellino.

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Secondo il concetto “Come in Cielo così in Terra” basato sull’identità Macrocosmo e Microcosmo, la struttura gerarchica della Corte Celeste venne imitata dalle Corti terrene con la presenza di un capo e di una schiera di personaggi a lui sottostanti dotati di un potere ovviamente inferiore.

Nei commentari dei Salmi, come nell’apparato illustrativo del Salterio, l’immagine di Davide divenne il modello del sovrano che con i suoi poteri sacri, simboleggiati dall’arpa che egli suonava, creava un ordine musicale. Tale modello diffuse un immaginario regale il cui testimone venne raccolto dai Sovrani della terra, novelli Davide intesi a creare sulla terra una sacra armonia mediante il loro governo. Tutto ciò ovviamente in teoria, dato che la realtà fu ben diversa.

Quando ero fanciullo, ancora incosciente della storia, mi chiedevo come mai nel medioevo si dessero un così grande da fare per catturare coloro che avevano osato tentare alla vita di un Imperatore – dato che altrettanto non si faceva nei riguardi di un poveretto – se non per il motivo di una sua volontà di vendetta.

Più avanti ne compresi il vero significato quando, frequentando le scuole medie, mi si informò che la sua presenza era voluta da Dio per governare il popolo e provvedere al suo sostentamento. Ogni attentato contro un Imperatore equivaleva dunque, in base a quanto sopra espresso, a un’offesa a un vicario di Dio, a un mediatore fra la terra e il cielo. Un’azione che doveva essere punita severamente in quanto peccato mortale.

Nei tarocchi, come nella maggior parte delle raffigurazioni artistiche storiche di un Imperatore, sullo scudo oppure sul copricapo troneggia un’aquila, simbolo del suo potere. Si veda ad esempio l’immagine della carta omonima tratta dal Tarocco Visconti di Modrone della metà del sec. XV.

Prima di introdurre il significato simbolico dell’aquila occorre prendere in considerazione quello del Sole, che con diverse declinazioni venne accomunato a Cristo: Sol Salutis, Sole di salute per l’anima degli uomini; Sol Iustitiae, Sole di Giustizia, e Sol Invictus, cioè Sole Invincibile. Gli antichi considerarono il Sole simbolo di giovinezza in quanto nascendo giovane al mattino, esprime la sua potenza da adulto a mezzogiorno per poi invecchiare la sera, ma ritornando di nuovo a essere giovane allo spuntar dell’alba.

Nel Bestiaire di Philippe de Thaün del 1126 si leggono i seguenti versi sull’aquila che traduco dal francese antico: “L’aquila è la regina degli uccelli; essa mostra un esempio molto bello.” Giustamente in latino la chiamiamo “chiaro-veggente”, perché guarda il sole quando è più luminoso e sebbene lo guardi fissamente, tuttavia non distoglie lo sguardo, etc.).

Il Fisiologo latino (versio bis, VIII), risalente secondo alcuni studiosi all’età di Carlo Magno, riporta quanto Isidoro scrisse al riguardo “Aquila ab acumine oculorum vocata” (L’aquila è così chiamata dall’acutezza dei suoi occhi), per poi continuare con: “Si dice che essa non distolga lo sguardo davanti ai raggi del sole e che sottoponga anche i suoi piccoli, appesi ai suoi artigli, a quella prova: quelli che sono capaci di guardare fissamente il sole, li giudica degni della stirpe delle aquile e li trattiene, invece gli altri che volgono altrove lo sguardo, li lascia cadere, come degeneri”.

Come l’aquila guarda fissamente il Sole, simbolo del Cristo, così l’Imperatore venne considerato volgere gli occhi, ovvero il suo pensiero, verso la stessa direzione. Una contemplazione sempre giovane, a significare che mai sarebbe tramontata se non con la morte.

In pratica, l’Imperatore era dotato di quell’insegna, poiché si riteneva che la sua capacità di vedere oltre fosse stata a lui concessa per destino, considerato che avrebbe dovuto reggere le sorti di un popolo. In quanto dotato di tale prerogativa, egli sarebbe stato in grado di comprendere molto tempo prima il succedersi degli eventi, di capire le necessità del suo popolo in anticipo rispetto all’avverarsi delle situazioni. Sempre in teoria.

Approfondendo ulteriormente la storia, mi resi conto che in realtà la maggior parte degli Imperatori erano viziosi, iracondi, permalosi, vendicativi, egoisti, indifferenti ai bisogni del popolo, etc., per cui compresi la grande distanza fra ciò che essi erano e ciò che rappresentavano.

Vediamoli oggi i detentori del potere, che, anche se non sono più chiamati Imperatori, in effetti governano allo stesso modo. L’unica differenza è che il loro potere non è più inteso derivare da una volontà divina, ma dal popolo che attribuisce a essi un trono. La sapienza dei nostri Antichi quando scrissero Nihil in mundo mutat (Niente al mondo cambia), potrà fungere da viatico per ogni Vs, possibile valutazione al riguardo.

ImmagineL’Imperatore dai Tarocchi Visconti di Modrone, metà sec. XV. L’aquila appare nel suo copricapo.

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