Giuseppe Guerriero: Cookly, verso il database mondiale


L’innovazione internazionale della food-experience e l’interesse di un napoletano verace. Lezioni di cucina? Tour enogastronomici? Studi e tradizioni locali? Ci sarà tutto [In coda, ricetta: tiramisù monoporzione].

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Designer, autore del blog thatguyfromnaples.it e country manager per l’app Cookly, il napoletano Giuseppe Guerriero ha l’aspetto e la verve di un picaresco avventuriero che, grazie ad una buona dose d’intuito e di sincero amore per il cibo, esplora le nuove frontiere del turismo enogastronomico esperienziale. Fermamente convinto che la dieta, come la cultura, sia frutto dell’educazione e dell’apprendimento, a Rubrics ha raccontato come stia tracciando, on-the-road, un atlante della tradizione culinaria globale.

In principio, parliamo del 1996, fu Booking a rivoluzionare il settore dei viaggi lanciando un sito web che consentisse la prenotazione di alloggi-vacanza bypassando le agenzie turistiche, poi son arrivati Expedia, TripAdvisor, Trivago, Airbnb. Nel 2015 Cookly si pone sul mercato online rivolgendosi al turismo enogastronomico con l’ambizioso progetto di “connettere le persone preservando e diffondendo le tradizioni culinarie mondiali”. Ci racconti la genesi di questa start-up?

Cookly è la piattaforma con la più vasta offerta al mondo di lezioni di cucina ed è nata per supportare una comunità globale di viaggiatori appassionati di cultura gastronomica. I due fondatori, il canadese Etienne Marleau-Rancourt (imprenditore nel marketing digitale e cuoco autodidatta) e il franco-tedesco Benjamin Ozsanay (sviluppatore di app), restano folgorati dall’eclettismo dei piatti thailandesi e dalla rapida ascesa di Bangkok fra le più gettonate mete del Sud Est Asiatico. In cerca di un corso di cucina thailandese da poter frequentare, si accorgono ben presto della totale impossibilità di trovarne uno a meno d’iscriversi ad una sessione scolastica, da lì nasce l’idea di un’app rivolta a viaggiatori che, come loro, fossero in cerca di un’esperienza culinaria autentica e in 5 mesi l’app è online. Se la definizione del core-business (preservare e diffondere le tradizioni culinarie locali nel mondo) e del target (millennials abituati a visualizzare contenuti food almeno una volta al giorno e a preferire viaggi brevi, frequenti e mete autentiche) sono state immediate, l’adesione dei “fornitori esperienziali” non lo è stata altrettanto vista l’iniziale diffidenza verso una modalità turistica del tutto inesplorata e la necessità d’instaurare un rapporto di fiducia amicale più che di asettica partnership, al fine di garantirsi una collaborazione duratura e di crescita condivisa. Il successo però è stato fulmineo ed alle prime 61 gastro-esperienze fra Thailandia, Vietnam e Indonesia, si son poi aggiunte cooking-class in tutta l’Asia, nel 2017 in Europa e, dal 2019, l’app è sbarcata in Italia.

Cookly permette di prenotare lezioni di cucina e tour enologici, visitare mercati cittadini e assaggiare prodotti tipici freschi durante viaggi di piacere, studio o lavoro. Quali caratteri non possono mancare nelle vostre food-experience?

Apprendimento, inteso come trasferire conoscenza attraverso sessioni culinarie sotto la guida di esperti locali, e Tradizione, intesa quale espressione del territorio e bene sapienziale da preservare, sia nel rispetto della ricettistica storicizzata che nell’analisi del mutamento fisiologico di usi e tecniche.

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Chef, gastronomi, piccoli produttori e grandi appassionati. Come selezionate guide e cuochi della vostra piattaforma?

Il nostro scopo è sviluppare un database mondiale di esperienze gastronomiche avvalendoci di persone che abbiano uno slancio autentico nel raccontare la genuinità di un prodotto e la storia che lo accompagna o che siano in grado di trasmettere la cultura del territorio nella perfetta esecuzione di un gesto tramandato da generazioni, insomma che facciano della passione il non-plus-ultra del proprio mestiere. Tracciare e individuare simili collaboratori richiede da parte nostra un’attenta analisi delle produzioni tradizionali autoctone e dei circuiti turistici realmente sostenibili, al fine di sviluppare una filiera territoriale diffusa, d’implementare le economie locali e di assicurare ai viaggiatori esperienze molteplici mediante il contatto con una pluralità di attori in grado di dar voce alla cultura del loro quotidiano.

La tua formazione è partita dal design e si è arricchita di esperienze internazionali in Gran Bretagna e Thailandia. Quando e come ti sei avvicinato all’HORECA per poi approdare a Cookly in veste di country-manager?

Senza andar troppo a ritroso, son arrivato nel 2010 a Bangkok, dove avevo un incarico al Raffles College come Product Design Lecturer e alcune collaborazioni in progetti di maketing e business development. Data la mia passione per il dj-set ben presto ho iniziato a frequentare club e locali dove ho conosciuto chef europei che stavano studiando la cucina del Sud Est Asiatico ed in particolare con una di loro ho organizzato un brunch per amici e conoscenti. Il successo è stato tale che ho deciso di lasciare il design, approfondire le mie conoscenze in fatto di food e dedicarmi esclusivamente all’organizzazione di eventi gastronomici. L’incontro con Cookly è arrivato casualmente mentre cercavo una cooking-lesson e dopo una collaborazione, Ethienne e Ben, che stavano studiando come espandere la loro attività in Europa, mi hanno proposto il ruolo di country manager per l’Italia. In realtà quello nel Bel Paese è un progetto del tutto nuovo per Cookly, non si tratta solo d’individuare potenziali collaboratori, ma di sviluppare per ciascuno una consulenza di marketing allo scopo d’inserirli nella nostra piattaforma, ma al contempo d’incrementarne il business, garantire un servizio booking efficiente e implementarne il posizionamento su Google. Attualmente mi sto muovendo soprattutto nel Sud Italia, ma, pandemia permettendo, conto di esplorare a breve il Centro-Nord e successivamente l’Europa.

Sei un napoletano verace e in un webinar sulla pagina Facebook di Cookly hai spiegato come realizzare della ricotta fatta in casa. Come mai hai scelto questo prodotto caseario squisitamente italiano?

Ho vissuto a lungo a Londra e Bangkok dove la sola ricotta conosciuta e reperibile è quella industriale che, per un campano abituato a mangiarla a cucchiaiate ancora calda di caseificio o spalmata sul pane fresco con abbondante contorno di pomodori maturi, è quasi eresia. Ricordo che un giorno ho provato a farla in casa e visto che il risultato era discreto, ho ripetuto l’esperimento affinando la tecnica così da proporla nelle cene fra amici e nei brunch che organizzavo ed ogni volta è stato un successo. Quando si è trattato di lanciare il primo live di Cookly, con Ethienne e Ben non abbiamo avuto dubbi, la ricotta, grazie alla semplicità di realizzazione e versatilità d’uso in preparazioni dolci e salate, era il nostro ideale webinar pilota.

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Quali prospettive si stanno delineando per il turismo enogastronomico di qualità nel post-pandemia? L’Italia ha conservato il ruolo di catalizzatore culturale mondiale maturato con Expo Milano 2015?

Il 2020 è stato un anno di socialità negata e l’anno corrente ha visto una timida ripartenza con modi e tempi differenti per ciascuna nazione. In questa delicata compagine storica è estremamente difficile capire la percezione degli utenti verso il turismo esperienziale, ovvero quale sia la reale disponibilità ad entrare in contesti altri da parte dei viaggiatori o di accogliere estranei da parte dei fornitori. L’on-line, grazie ai live dei nostri insegnanti, ci ha offerto un supporto temporaneo ma non è un valido surrogato per agire concretamente sulle realtà territoriali.

In merito al ruolo dell’Italia, senza dubbio vanta una fortunata storia di successi gastronomici e un’ampia varietà di produzioni garantite dalla conformazione geografica e dal clima che, oggi più che mai, vanno tutelate e valorizzate per attrarre in futuro pubblico internazionale e nostrano. Auspico però la realizzazione di un sistema condiviso di servizi per l’accoglienza funzionali alla gestione e promozione nei tempi corretti di una comunità esperienziale multi-attoriale.

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RICETTA – Tiramisù monoporzione

Un classico della tradizione ed uno dei dolci manifesto dell’italianità nel mondo, il tiramisù, ma in versione monoporzione.

  • 200 gr Savoiardi
  • 100 gr Zucchero a velo
  • 400 gr Mascarpone
  • 100 gr Cioccolato fondente
  • 2 Albumi freschi
  • 4 Tuorli freschi
  • q.b.  Marsala
  • q.b.  Cacao amaro
  • q.b.  Caffè espresso amaro

In un recipiente, o in planetaria con frusta, montare i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, quindi aggiungere delicatamente il mascarpone e 1 cucchiaio di liquore, sino ad ottenere una crema densa. A parte montare gli albumi a neve fermissima e unirli, mescolando lentamente dal basso verso l’alto, alla crema al mascarpone sino ad avere un risultato sodo e gonfio. Montare il dolce in appositi recipienti monoporzione alternando uno strato di crema, una spolverata di cioccolato finemente tritato, un savoiardo inzuppato nel caffè freddo e concludere con una spolverata di cacao.

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