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Economia dell’innamoramento, la storia di Franco e Alice


L’economista non crea i fenomeni economici, così come lo scienziato non crea la legge di gravità. L’economista osserva e interpreta, tenendo conto che non esiste la strategia perfetta (e che gli individui spesso sono imprevedibili)

Nella mia esperienza come docente di economia in Malaysia, una delle cose che mi ha colpito maggiormente è la percezione diffusa, non solo tra gli studenti ma spesso anche tra gli insegnanti, che la scienza economica sia una disciplina irrilevante per la vita quotidiana. La contabilità ti insegna delle tecniche spendibili sul mondo del lavoro in modo quasi immediato, soprattutto in grossi gruppi come Deloitte, PwC o KPMG; la finanza – secondo molti – è un veicolo per imparare come fare soldi alla svelta, o almeno ti apre le porte ad un lavoro in banca (ricordo ancora che mia madre si disperò quando rifiutai il famigerato posto in banca, 23 anni fa).

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Ma l’economia a che serve? Definizioni, formule, esoterismi calcolatori, grafici: bisogna passare gli esami e poi ce la possiamo dimenticare, non ha rilevanza per la vita quotidiana, a meno che non la si voglia insegnare. E non porta neanche soldi, a meno che non si abbia l’opportunità di entrare in qualche banca centrale o alla World Bank.

Eh già, in fondo anche al sottoscritto non ha certo portato valanghe di quattrini, e neppure un lavoro decente. Però c’è dell’altro: studiare l’economia, soprattutto quella di base, i principi fondamentali, aiuta a formare una visione, un modo di pensare, quello che Peter Boettke, David Prychitko e Paul Heyne chiamano la Economic Way of Thinking (1). Insomma, in un qualche modo un certo tipo di scienza economica può aiutare a comprendere la realtà, ad interpretarla, a spiegarla: la economic way of thinking è rilevante fino al punto di essere in grado di spiegare l’innamoramento! Sì sì, l’innamoramento…

Sir Lionel Robbins nel 1932 scriveva che l’economia è lo studio della relazione tra fini e mezzi scarsi che possono essere impiegati per fini alternativi; questa definizione è diventata uno dei mantra più popolari della scienza economica. Israel Kirzner, nel suo Competition and Entrepreneurship (1973), ci dice che è tutto vero, che noi tutti dobbiamo scegliere come allocare le nostre risorse scarse rispetto ai diversi fini che vogliamo raggiungere; ma Kirzner aggiunge che c’è un livello precedente, che è ancora economia, ma che viene spesso saltato, forse a causa della sua scarsa tendenza a lasciarsi formalizzare in un modello: si tratta della scelta dei fini e dei mezzi. Infatti, mentre l’allocazione di mezzi rispetto ai fini può, in un certo qual modo, essere ricondotta ad un problema formale di massimizzazione, lo studio della scelta dei fini da perseguire e dell’individuazione, prima dell’allocazione, dei mezzi necessari, è molto più problematico perché tira in ballo le preferenze (che non sono mai date) e le aspettative (anch’esse elemento non deterministico); inoltre, sia le une che le altre mutano col trascorrere del tempo e l’acquisizione di nuova informazione, che viene trasformata in conoscenza attraverso l’interpretazione.

E nel frattempo abbiamo perso per strada l’innamoramento… No, niente affatto. Allora, tu sei Franco e ti svegli al mattino e svogliatamente ti prepari ad andare all’università, con il tuo carico di preferenze, di aspettative e con il piano che hai costruito con i mezzi a tua disposizione per tentare di raggiungere qualcosa di compatibile con le tue preferenze e le tue aspettative. Poniamo che questo sia il “momento zero” della nostra analisi economica del comportamento di Franco. Mentre entra in facoltà quel giorno Franco si accorge di una ragazza, l’aveva notata anche prima, era una sua compagna di corso; però, mentre ella non aveva mutato il corso dei suoi pensieri nei giorni precedenti, all’improvviso la giovane, che chiameremo Alice, gli fa sobbalzare il cuore nel petto: un imprevisto che cambia in modo imprevisto, imprevedibile e irreversibile il corso degli eventi.

Franco doveva andare a seguire il corso di microeconomia tenuto dal noiosissimo professor Ferlito, ma lì davanti c’è la giovane Alice che gli fa sobbalzare il cuore nel petto: è tempo di rivedere quello che Kirzner chiama ends-means framework.

La necessità di imparare la microeconomia passa in secondo piano rispetto alla possibilità di soddisfare un desiderio che al momento emerge come più urgente; la risorsa tempo deve essere spesa in modo diverso: la conquista di Alice. Allora Franco decide di invitare la fanciulla a bere un caffé; e qui, avendo a che fare con un’altra individualità, che vuol dire un’altra libertà, la risposta di Alice è avvolta nell’imprevedibilità.

Possiamo dire che se Franco avesse certe caratteristiche fisiche o caratteriali allora potremmo determinare la risposta di Alice in modo univoco? Assolutamente no, l’esito dell’azione individuale è sempre non deterministico. Come Franco non aveva prestato attenzione ad Alice nei giorni precedenti, mentre ne rimane colpito oggi in modo inaspettato, così la stessa Alice potrebbe rispondere in modo diverso in circostanze diverse. La sua risposta poi genererà da parte di Franco la messa in moto di un piano nel tentativo di impressionare positivamente la ragazza; anche in questo caso, non esiste strategia perfetta; o, meglio, anche la strategia che può apparire migliore non è in grado di generare l’esito sperato in modo certo, perché deve essere sottoposta alla reazione soggettiva di Alice.

Spero sia stato chiaro come l’esempio, descritto inizialmente in modo molto semplice, sia poi evoluto al fine di introdurre categorie tipiche della narrazione economica così come intesa dalla economic way of thinking.

Insomma, l’economista sta lì, osserva ed interpreta. Il suo compito principale non è quello di elaborare artificiosi modelli predittivi, ma piuttosto quello di individuare dinamiche tendenziali che l’osservazione della realtà gli suggerisce e che i suoi processi interpretativi modellano. L’economista osserva la colazione pronta in un piatto e si meraviglia di come quel risultato finale sia stato raggiunto attraverso il processo di mercato, che è per natura decentralizzato ed evolutivo, senza la guida di un piano centralizzato.

L’innamoramento, poi, si adatta perfettamente alla descrizione di come l’agire economico sia costituito dall’emergere di aspettative dettate dalle preferenze e dall’elaborazione di piani pensati ed implementati per realizzare quelle aspettative. Nel tempo, tuttavia, le aspettative e le preferenze possono cambiare, o i piani possono rivelarsi inadeguati. La combinazione tra preferenze, aspettative e piani non è stabile nel tempo e gli esiti dell’azione possono essere intenzionali e non intenzionali, rendendo il futuro aperto e imprevedibile.

L’economista non crea o modifica tali fenomeni, così come lo scienziato non crea la legge di gravità. L’economista, attraverso l’osservazione e l’interpretazione, li porta a galla, rendendoli intelligibili e offrendo una chiave di lettura della realtà.

Note: (1) Titolo di un loro favoloso manuale pubblicato da Pearson (https://www.amazon.com/Economic-Thinking-13th-Pearson-Economics/dp/0132991292).

Immagine: @priscilladupreez su Unsplash

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