Psicosi “complottista” e “anti-complottista”


La necessità del metodo scientifico oltre ogni ideologia, ragion di Stato e bisogno politico. Dalle patologie ai dubbi legittimi, nei limiti della Storia attuale. Meccanismi psicologici e censure.

Nella complessa epoca in cui ci troviamo a consumare le nostre tormentate esistenze, l’incredibile sviluppo di tecnologia e mezzi di comunicazione, lungi dal garantire un armonioso ampliamento della cultura e una più completa e puntuale informazione, ha fatalmente finito per ingenerare fenomeni di cosiddetto “analfabetismo funzionale”. In pratica, la dilagante e pervasiva presenza dei media, che sottopone gli esseri umani a un incessante bombardamento di notizie, non ha fatto che confermare la veridicità dell’affermazione di G. W. F. Hegel, secondo cui «ciò che è noto, appunto in quanto noto, non è conosciuto» (1).

Non soltanto a causa dei continui e consistenti attacchi mossi contro l’istruzione pubblica, progressivamente demolita da continue riforme che hanno teso a immiserirne metodi e contenuti, la società contemporanea si ritrova ad avere masse di illetterati muniti di diploma. Questi soggetti, che rappresentano una larghissima fetta della popolazione odierna, soffrono di una vera e propria incapacità di utilizzare in maniera efficace le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni di vita quotidiana, non riuscendo in tal modo a comprendere, valutare ed impiegare appropriatamente le informazioni che provengono loro dall’ambiente circostante (2).

L’elementare metodo di ragionamento utilizzato da simili individui ricorda alquanto il fallace induttivismo di cui rimase vittima il celebre pollo di Russell (3). Tra le caratteristiche fondamentali dell’analfabetismo funzionale spiccano, in particolare, «largo uso di stereotipi e pregiudizi; scarso senso critico, tendenza a credere ciecamente alle informazioni ricevute, incapacità di distinguere notizie false dalle vere e di distinguere fonti attendibili e inattendibili» (4).

Tutto ciò è alquanto interessante se si riflette su come l’accusa di analfabetismo funzionale venga mossa, a ogni pie’ sospinto, nei confronti di quella categoria di persone che viene tacciata di “complottismo” (5). E questo in omaggio alla ben nota usanza secondo cui “ciascuno dispensa i propri biglietti da visita”, dando così sfogo alle frustrazioni represse di quelle celeberrime “legioni” evocate anni addietro da Umberto Eco (6).

L’autentico “complottista”, in effetti, potrebbe venire accusato dell’esatto contrario, ma non certo di far uso di stereotipi o pregiudizi, né tantomeno di possedere uno scarso senso critico o una tendenza a riporre una cieca fiducia nelle informazioni ricevute. La sua peculiarità, semmai, è proprio quella di disporre di un senso critico forse ipertrofico, ossia eccessivamente sviluppato, al punto da non fidarsi di alcuna fonte istituzionale, mettendo così in continua discussione le versioni ufficiali dei fatti. In pratica, nei casi più critici, si tratta di un comportamento diffidente e sospettoso, che si avvicina piuttosto al “disturbo paranoide di personalità” (7).

Oggigiorno si è scatenata una vera e propria “caccia alle streghe” nei confronti dei presunti “complottisti”, tuttavia è più che evidente come «gruppi o individui potenti possono avere interesse nel cercare di screditare coloro i quali li accusano di crimini reali o immaginari», al punto che spesso e volentieri «l’etichetta di “teoria del complotto” è stata utilizzata per squalificare, schernire e denigrare il dissenso politico o sociale» (8).

In effetti, recenti studi accademici di eminenti politologi hanno dimostrato come l’accezione negativa della medesima espressione conspiracy theory sia storicamente attribuibile alla CIA, che dal 1967, nell’ambito del proprio programma di “disinformazione”, probabilmente nell’alveo della famigerata Operation Mockingbird, l’ha deliberatamente convertita in uno strumento di propaganda politica con il precipuo intento di disinnescare il potenziale effetto detonante delle teorie alternative che erano sorte riguardo all’omicidio del Presidente John F. Kennedy (9).

Al di là delle facili etichettature, il più delle volte disinvoltamente utilizzate a sproposito da veri quanto inconsapevoli analfabeti funzionali, è dunque opportuno chiarire come, perché si possa giustificare la classificazione di una tesi quale “teoria del complotto”, debba necessariamente aversi la compresenza dei seguenti presupposti come valide obiezioni logiche: «1. Non è sostenuta da prove sufficienti. 2. È formulata in modo tale da essere non verificabile. 3. È complessa in maniera implausibile». È quindi opportuno, al riguardo, rimarcare come sovente «1. Le persone potenti coinvolte nella cospirazione nascondono, distruggono od offuscano le prove. 2. Gli scettici non sono dotati di una sufficiente apertura mentale. 3. Gli scettici potrebbero essere politicamente motivati o avere interesse a mantenere lo status quo. 4. La sua complessità è dovuta al fatto che dietro al complotto potrebbero esserci più menti, per di più dotate di potenti risorse monetarie» (10).

Il “complottismo”, peraltro, costituisce solo la variante più “maniacale” della più vasta categoria delle “teorie del complotto”: «Quando le teorie del complotto combinano elementi “illogici” con la mancanza di prove, ci si riferisce a esse come a una forma di complottismo, descrivendo con tale locuzione un punto di vista del mondo che interpreti praticamente tutti i più importanti eventi e le tendenze della storia come il risultato di cospirazioni segrete», come visto in modo “acritico e fideistico” e, talvolta, non esente da fabulazioni deliranti connesse a costruzioni concettuali-metaforiche come la “mitomania” o “pseudologia fantastica” (11).

Le autentiche teorie complottistiche, in spregio al “rasoio di Ockham”, resistono al processo di “falsificazione” e sono rafforzate dal “ragionamento circolare”, per cui sia la presenza di elementi contrari alla tesi della cospirazione sia l’assenza di elementi a supporto della stessa vengono reinterpretate dai complottisti come prove evidenti di una macchinazione e, pertanto, della sua veridicità (12). Si tratta di quella celebre “teoria cospirativa della società” (conspiracy theory of society), già criticamente analizzata da Karl Popper (13).

Interessante, a tal proposito, è il notare la differenza di significato rispetto al termine, dall’accezione non deteriore, “cospirazionismo”: «Gli storici generalmente usano il termine per indicare una cospirazione reale e provata o, quanto meno, seriamente plausibile e con alcuni solidi elementi a supporto. Il termine “teoria del complotto” viene invece usato, in ambito sociologico, per indicare le cospirazioni solo presunte ma non dimostrate da alcunché» (14).

Tutto ciò premesso, per chi disponga di un sufficiente background culturale e di strumenti analitici adeguati risulta davvero penoso il dover constatare questo dilagante fenomeno del cosiddetto debunking, come viene definito con barbarismo altisonante per mantenersi à la page, spesso in versione fai-da-te dagli immancabili soggetti “gregari” che si mostrano sovente più realisti del Re.

Di fatto, si tratta di un tentativo di confutazione assai spesso improvvisato da critici inadeguati o, ancor peggio, tendenziosamente sostenuto da inquisitori interessati, che in genere si limita a non accogliere le evidenze della controparte ribadendo meccanicamente la versione ufficiale dei fatti e invoca l’intervento attivo delle autorità di controllo con la scusa di una “lotta alle fake news”, o presunte tali, operando di fatto un’ingiustificata quanto deplorevole censura della libertà di parola e d’informazione. Da uomini del dubbio, animati da un sincero spirito di tolleranza e rispetto per le idee altrui, non si può che condannare simili pratiche, in favore dell’irrinunciabile principio giuridico dell’audiatur et altera pars. Ma, a quanto pare, al di là di facili proclami ripetuti con vacua retorica, dai tempi di Voltaire di liberali genuini in circolazione se ne trovano sempre meno.

Una volta chiarito quanto sopra, occorre trarne le debite conclusioni. Quel che emerge dall’analisi dei fatti è che la vera piaga sociale del XXI secolo non consista tanto in un fantomatico “complottismo”, che interessa solo una porzione marginale della popolazione e che in base alle proprie caratteristiche, se realmente tale, risulta facilmente smascherabile e contestabile. Piuttosto, un problema assai più insidioso è costituito da quella che potremmo definire una dilagante “psicosi anticomplottista”, che rasenta livelli veramente patologici e trova nei social media la sua massima espressione.

A risultarne affetti sono, perlopiù, personalità deboli che necessitano l’approvazione del branco e dell’autorità costituita e che si sentono rassicurate dalla condivisione da parte della massa delle proprie credenze. Le convinzioni, d’altronde, rappresentano una fra le strutture più solide e persistenti del comportamento. Un imprinting subìto nel corso della vita è in grado di formare una convinzione o, addirittura, una “costellazione di convinzioni” (cluster of beliefs), tali da modellare la personalità e l’intelligenza stessa dell’individuo (15). Simili costrutti mentali, a loro volta, possono generare veri e propri “sistemi di convinzioni” (belief-systems) che, una volta instaurati, è davvero arduo poi riuscire a scalfire (16).

Ecco dunque che emerge, con nitidezza, come l’anticomplottista di maniera soffra di disturbi della personalità gravi, ancorché repressi, che talvolta rasentano perfino livelli patologici, ma che l’ordinarietà delle tesi sostenute non aiuta a far emergere. Si tratta di classici “meccanismi di difesa”, ben attestati in ambito psicologico, tesi alla “negazione”: «Ovviamente, l’uso della negazione produce conseguenze negative nei confronti della possibilità di risoluzione di un problema sul piano di realtà; per cui questo meccanismo è in genere gravemente disadattivo e disfunzionale. È disadattivo perché non permette la risoluzione di un problema, e disfunzionale in quanto provoca un danno all’individuo» (17).

Nei casi più preoccupanti, si giunge addirittura alla “denegazione” o “forclusione” (18). I soggetti affetti da tale patologia mettono in atto quella che in gergo si definisce una “scotomizzazione”, che consiste in una «operazione psicologica inconscia (dal gr. σκότωμα “oscuramento, ottenebramento”), attraverso la quale il soggetto occulta o esclude dall’ambito della sua coscienza o della memoria un evento o un ricordo a contenuto penoso o sgradevole» (19).

Questo atteggiamento psicotico è volto a «non percepire un elemento presente nella situazione e che potrebbe generare ansia» (20). Esiste, inoltre, «anche una scotomizzazione d’origine intellettiva, per dissonanza cognitiva o per fissazione cognitiva, studiata dalla psicologia cognitiva e dalla psicologia sociale. In questo caso si tratta di pregiudizi e stereotipi mentali, di “preconcetti” o “precomprensioni” (Vorverständnisse) nel significato ermeneutico di Gadamer, i quali limitano la capacità di prendere in considerazione e di prestare attenzione ad ulteriori dati disponibili in un determinato contesto» (21).

La tendenza a percepire, ricordare e comunicare in modo selettivo soltanto gli aspetti positivi delle situazioni, ignorando quelli negativi o problematici, è stata definita come “sindrome di Pollyanna” e magistralmente descritta da Margaret Matlin e David Stang nel loro classico del 1978 (22). La psicologia cognitiva parla, in proposito, di “ottimismo idiota” od “ottuso” (23). Luigi Anolli e Olivia Realdon, nel proprio saggio dedicato a Ottimismo e competenza emotiva, analizzando tale categoria hanno precisato che, «in particolare, l’ottimismo irrealistico […] si configura con processi di pensiero infantili, semplicistici e illusori nella convinzione che tutto andrà bene» (24).

La profonda ingenuità che contraddistingue una simile inclinazione è talmente lapalissiana che, se non fosse per la tendenza all’intolleranza e alla censura che certi individui manifestano, spesso con aggressività e spirito di prevaricazione, verrebbe spontaneo trattarla con animo bonario. Le principali vittime di siffatta psicosi, tuttavia, sono in primis gli stessi anticomplottisti da salotto, che impazzano nella Rete dispensando le proprie rassicurazioni da “biscotto della fortuna”.

Come nel celebre esempio del dito che indicava la luna, a nulla valgono i moniti di coloro che s’informano e analizzano in maniera libera e approfondita i dati disponibili, per poi condividere col prossimo la possibilità di un mondo migliore: l’ostinazione del pregiudizio ha radici solide e profonde. L’ape può ben spiegare alla mosca che il fiore è migliore dell’escremento, ma la mosca non lo capirà mai perché non conosce altro: l’ape ricerca il fiore anche in mezzo alla spazzatura, mentre la mosca va in cerca dell’escremento anche in un campo fiorito. Si tratta semplicemente di propensioni d’animo.

Per questo, nonostante il tangibile rischio che psicotici affetti da sindromi di negazione possano tacciarlo di “complottismo”, lo spirito indipendente continua la propria ricerca libero da pregiudizi e intimidazioni in omaggio all’autentico metodo scientifico. Fin dai tempi di Platone sappiamo che chi si avventuri fuori dalla caverna e dopo aver visto la luce del mondo reale condivida la verità con chi è ancora schiavo delle tenebre non può che aspettarsi incredulità e riprovazione (25). Ma siamo parimenti ammoniti da Tucidide che «il male non è soltanto di chi lo fa: è anche di chi, potendo impedire che lo si faccia, non lo impedisce» (26).

Note: (1) System der Wissenschaft von Ge. Wilh. Fr. Hegel, Erster Theil, die Phänomenologie des Geistes. Bamberg und Würzburg, bey Joseph Anton Goebhardt, 1807, trad. it. Fenomenologia dello Spirito, A cura di Vincenzo Cicero, testo tedesco a fronte, Milano, Bompiani, 2000, p. 85 (corsivi originali); (2) Cfr. OECD Statistics Directorate, OECD Glossary of Statistical Terms – Functionally illiterate Definition; (3) «Gli animali domestici si aspettano di ricevere il cibo quando vedono la persona che di solito gliene porge. Sappiamo che questa fiducia piuttosto sprovveduta nell’uniformità può indurre in errore. L’uomo da cui il pollo ha ricevuto il cibo per ogni giorno della propria vita gli tirerà alla fine il collo, dimostrando che un’idea meno primitiva dell’uniformità della natura sarebbe stata utile all’animale»: Bertrand Russell, The Problems of Philosophy, With a New Introduction by John Perry, cap. VI “On Induction”, Oxford, Oxford University Press, 1997 [1ª edizione: Home University Library, 1912], p. 63, trad. it. I problemi della filosofia, introduzione di John Skorupski, Milano, Feltrinelli, 2008 [1ª edizione: 1959], pp. 74-75 (4)https://it.wikipedia.org/wiki/Analfabetismo_funzionale; (5) «Il termine “complottismo” viene invece usato per designare, originariamente in senso dispregiativo, il punto di vista di chi crede alle più svariate teorie alternative in modo ritenuto acritico e fideistico e senza sentire ragioni di sorta, per sottolineare l’aspetto maniacale e paranoico che avrebbe tale atteggiamento mentale»: https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_complotto (corsivi aggiunti); (6) Cfr. Gianluca Nicoletti, Umberto Eco: «Con i social parola a legioni di imbecilli», in “La Stampa” (11 Giugno 2015); (7) «Il disturbo paranoide è un disturbo di personalità caratterizzato da diffidenza e sospettosità che spingono a interpretare le motivazioni degli altri sempre come malevole per la propria persona o per le persone a cui il paranoico vuole bene (figli, genitori, famigliari…). Gli individui che maturano questa struttura di personalità sono dominati in maniera rigida e pervasiva da pensieri fissi di persecuzione, timori di venir danneggiati, paura continua di subire un tradimento anche da persone amate, senza che però l’intensità di tali pensieri raggiunga caratteri deliranti. L’“esame di realtà” rimane, infatti, intatto. […] Si parla di “diffidenza e sospettosità” verso gli altri se sussistono quattro o più delle seguenti caratteristiche: 1. sospetti non realistici di venir sfruttati o danneggiati; 2. dubbi ingiustificati sulla lealtà degli amici; 3. paura di confidarsi con gli altri; 4. fraintendimento delle parole altrui, come semplici rimproveri o altro, verso significati più minacciosi; 5. prevalenza di rancore verso gli altri; 6. sentimento ingiustificato di venire attaccati o danneggiati, e tendenza a reagire; 7. paura ingiustificata di essere tradito dal coniuge»: https://it.wikipedia.org/wiki/Disturbo_paranoide_di_personalità (corsivi aggiunti); (8)https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_complotto; (9) Cfr. Lance deHaven-Smith, Conspiracy Theory in America, Austin, University of Texas Press, 2013; (10) https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_complotto; (11) In base alla classificazione nosografica di Anton Delbrück, Die pathologische Lüge und die psychisch-abnormen Schwindler : eine Untersuchung über den allmählichen Übergang eines normalen psychologischen Vorgangs in ein pathologisches Symptom für Ärzte und Juristen. Habilitationsschrift, Stuttgart, Ferdinand Enke Verlag, 1891; (12) Cfr. Jovan Byford, Conspiracy Theories: A Critical Introduction, Houndmills, Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2011; (13) Cfr. Karl Raimund Popper, The Open Society and Its Enemies (2 vols.), London, Routledge & Kegan Paul, 1973 [1ª edizione: 1945], Vol. II The High Tide of Prophecy: Hegel, Marx, and the Aftermath, pp. 94-96, trad. it. La società aperta e i suoi nemici (2 voll.), Roma, Armando Editore, 1986 [1ª edizione: 1973-74], Vol. II Hegel e Marx falsi profeti, pp. 126-128; (14) https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_complotto; (15) Cfr. Robert Dilts – Tim Hallbom – Suzi Smith, Beliefs: Pathways to Health and Well-Being, Bancyfelin (UK), Crown House Publishing, 2012 [1ª edizione: Portland (OR), Metamorphous Press, 1990], trad. it. dalla prima edizione Convinzioni. Forme di pensiero che plasmano la nostra esistenza, edizione italiana a cura di Radoje Cerovic e Rocco Giuseppe Martino, Roma, Casa Editrice Astrolabio, 1998, pp. 56-57; (16) Su come potervi intervenire attraverso la programmazione neurolinguistica, si consulti Robert B. Dilts, Changing Belief Systems with NLP, Capitola (CA), Meta Publications, 1990, trad. it. I livelli di pensiero. Come lavorare in profondità con la PNL per arricchire l’esperienza della vita, introduzione all’edizione italiana di Alessio Roberti, Urgnano (BG), NLP Italy – Alessio Roberti Editore, 2003; (17) «La negazione determina una compromissione dell’esame di realtà, fino alla completa scotomizzazione dalla coscienza del dato di fatto conflittuale o intollerabile, senza alcuna consapevolezza di ciò»: https://it.wikipedia.org/wiki/Negazione_(psicologia); (18) «[…] meccanismo che cancella definitivamente un avvenimento, che non rientra più nella memoria psichica»: https://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=forclusione; (19) http://www.treccani.it/enciclopedia/scotomizzazione/; (20) http://www.sapere.it/enciclopedia/scotomizzazióne.html; (21) https://it.wikipedia.org/wiki/Scotomizzazione; (22) Cfr. Margaret W. Matlin – David J. Stang, The Pollyanna Principle: Selectivity in Language, Memory, and Thought, New York, Schenkman Publishing Company, 1978; (23) Cfr. Luigi Anolli, L’ottimismo, Bologna, il Mulino, 2005, p. 103; (24) Aa. Vv., La condivisione del benessere. Il contributo della Psicologia Positiva, A cura di Antonella Delle Fave, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 23; (25) Cfr. Platone, La Repubblica, Libro VII, 514b-520; (26) Tucidide, La guerra del Peloponneso, testo greco a fronte, Milano, Mondadori, 2007.

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