“L’idea” di Bertold Bartosch


Il Maestro del cinema d’animazione che addirittura precedette la Disney in alcune tecniche, che elevò l’animazione a pura poesia e si ritrovò, infine, censurato dai nazisti.

Di Bertold Bartosch ci è pervenuto superstite un solo cortometraggio, realizzato da solo a Parigi nel 1932, eppure quell’unica opera che conosciamo, composta di quasi 45000 fotogrammi animati su quattro diversi livelli contemporaneamente, spesso con ben diciotto sovrapposizioni realizzate nella telecamera, precedendo quindi Disney nella tecnica “multiplanica”, consistente nel sovrapporre diverse pellicole per accrescere volume e profondità dell’immagine, ci è oggi sufficiente per inserirlo come uno dei maestri del cinema d’animazione.

Bartosch ha, infatti, dimostrato che l’animazione può essere poetica, osando per primo nel conferire all’animazione la dimensione di una grande arte, confidando in essa per esprimere il suo dolore, per mettere a nudo il suo cuore, per raccontare la sua speranza per un futuro migliore, al quale purtroppo non potrà mai fare da testimone.

Il suo cortometraggio “L’idea” (1932), basato sull’omonimo romanzo senza parole di Frans Masereel, genere narrativo che utilizza sequenze di immagini senza didascalie per raccontare una storia, inizia con queste parole sintetizzando tutta la forza politica di questo film animato: “Gli uomini vivono e muoiono per un’idea, ma l’idea è immortale. Possiamo perseguirlo, possiamo giudicarlo, possiamo impedirlo, possiamo condannarlo a morte ma l’idea continua a vivere nello spirito degli uomini.”.

Se guardando l’opera, possiamo rilevarne l’influenza di Lotte Reiniger, al cui film “Il principe Achmed”, Bartosch aveva collaborato, bisogna altresì sottolineare come la sua opera si costruisca di sovrapposizioni di scuola impressionista, quali “Metropolis” (1927) di Fritz Lang e “Berlino – Sinfonia di una grande città” (1927) di Walter Ruttmann, e di inquadrature e temi rubati all’avanguardia russa, attingendo in particolare all’arte dei poster del costruttivismo russo, e ancora sia sostenuta da una partitura musicale originale di Arthur Honegger, adottandone il suono etereo e atonale delle ondes martenot in quella che è la prima istanza di musica elettronica in ambito cinematografico. Il film fonde, quindi, modalità oggettive e soggettive, alternando vedute realistiche a scene in cui i personaggi possono sembrare indistinti e mutevoli.

L’opera nacque su richiesta del fiammingo Frans Masereel, che inizialmente aveva pure cercato di coinvolgere Salvador Dalì. In un primo momento Bartosch e Masereel tentarono un approccio animato delle incisioni dell’artista, ma definito l’approccio pittorico del film nel marzo 1931, e constatato come il lavoro dell’animatore fosse noioso, Bartosch si ritrovò a realizzare da solo il film.

Non sapremo mai se, anche in co-regia con Masereel, avrebbe combinato e sintetizzato le varie tecniche di animazione che aveva appreso durante la sua carriera, che ritroviamo nel film, e soprattutto se ancora ne avrebbe sviluppate di nuove come la sfocatura delle immagini in controluce con il sapone. Tuttavia, la bellezza di questo cortometraggio sta pure nei disegni di Masereel, le cui linee possenti dipingono la tragica realtà allegorica dei fatti: nelle sue incisioni, Masereel narra, infatti, di una donna nuda, che si erge a simbolo dell’idea militante contro il sistema per un mondo migliore; l’idea viene all’inizio non capita e temuta, poi accolta da alcuni e diffusa a molti fino a raggiungere lo scontro finale, fra le masse del popolo e del potere, da intendersi sia come le potenze economiche che religiose del tempo

Considerati i temi affrontati, è inutile dire come la distribuzione sia stata fortemente limitata a causa della censura sui suoi temi socialisti; e nonostante le obiezioni della stampa, i nazisti fecero cadere nell’oblio “L’idea” come pure altre opere di Masereel; tuttavia, l’opera viene ancora ricordata come il primo film d’animazione creato come un’opera d’arte con temi seri, anche tragici, sociali e filosofici, in cui l’impegno politico non risulta in conflitto con il lirismo, raccontando dunque della forza dell’ideologia progressista in un’atmosfera plumbea scandita dalla lotta proletaria e dalla guerra.