Le follie e l’anti-umanesimo di alcuni manager


Le teorie per il funzionamento di sistemi informatici e macchinari sono state utilizzate per gestire i lavoratori. Questo madornale errore porta i manager a pensare che l’80% del fatturato sia determinato dal 20% dei dipendenti. Né Pareto né Darwin hanno mai applicato le proprie leggi alle persone. Una serie di errori che trascurano gli effetti in termini di costi previdenziali e sanitari per lo Stato.

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Nel bestseller intitolato “L’one minute manager” Blanchard e Spencer (1981) definiscono il manager efficiente colui che “organizza sé stesso e i propri collaboratori in modo che sia l’azienda sia gli uomini che dipendono da lui traggano giovamento dalla sua presenza”.

Spesso però ci sono alcuni principi della cultura organizzativa la cui applicazione può portare a dei rapporti disumanizzanti sul luogo di lavoro come: il principio 80/20 o legge di Pareto, il darwinismo socioeconomico, il principio di mano invisibile di Adam Smith, il machiavellismo dei manager, la concezione biblica della sofferenza del lavoro (su cui non mi soffermerò perché è nota a tutti), i corsi outdoor per manager (o corsi di sopravvivenza), la razionalità tecnologica esasperata.

Secondo la legge di Pareto l’80% dei risultati deriva dal 20% delle cause. Questo principio è stato utilizzato efficacemente dall’Ibm, dall’Apple, dalla Lotus, dalla Microsoft. Il principio 80/20 sostiene che c’è uno squilibrio tra input e output, come sottolineò Koch nel 1997 nel suo libro “Il principio 80/20: il segreto per ottenere di più con meno”.

Il problema principale è che la legge di Pareto dovrebbe essere utilizzata solo per quanto riguarda i sistemi informatici e i macchinari.  Spesso invece ai manager viene in mente la malsana idea che l’80% del fatturato sia determinato dal 20% dei dipendenti. Ma questa applicazione sui lavoratori è disumana e porta a conseguenze drastiche.

Per quanto riguarda il darwinismo socioeconomico alcuni manager ritengono che nel mondo del lavoro vada fatta una spietata selezione e che debbano avere la meglio i più adatti, i più evoluti. Ma lo stesso Darwin pensava che la lotta per la vita e la selezione naturale valessero solo per gli animali.

Darwin non ha mai applicato la sua teoria sugli uomini civili. Non è mai stato darwinista socioeconomico, ma ha sempre pensato che il successo o l’insuccesso nella società umana dipendessero da molti fattori.

Secondo il principio di mano invisibile di Adam Smith, espresso nel suo capolavoro “La Ricchezza delle nazioni”, ogni lavoratore, detto in parole povere, può perseguire esclusivamente il proprio interesse personale senza porre attenzione al benessere collettivo perché tanto poi il mercato si riequilibra, si autocorregge. Questo principio può portare all’egoismo e a tollerare le ingiustizie. 

Come scriveva la professoressa e sociologa del lavoro Zorino in diversi libri sono ancora molti gli economisti e gli imprenditori a credere nel principio di mano invisibile di Adam Smith.

Altro aspetto deteriore che caratterizza la cultura organizzativa è il machiavellismo manageriale. Alcuni manager hanno assunto come modello di comportamento “Il principe” del segretario fiorentino, come scrive Spagnol nel 2001 in “Machiavelli per manager”.

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Secondo Machiavelli il principe doveva saper usare la razionalità, la logica strumentale (la volpe), la forza (il leone). Ne “Il principe” Machiavelli prende come modello ideale di leader nientemeno che Cesare Borgia e nell’ottavo capitolo tratta del delitto politico come estremo rimedio a male estremo. Si immagini quali relazioni lavorative possano scaturire prendendo come riferimento quest’opera.

Per quanto riguarda i corsi di sopravvivenza per manager è da ritenere che siano dei training che possano rendere ancora più esasperato e iper-competitivo un clima organizzativo già di per sé stressante e carrierista.

Per quanto riguarda la razionalità tecnologica esasperata basta citare un esempio tratto da “L’uomo come fine” di Moravia. Ci sono due modi di tracciare una strada: il primo è quello di rispettare la natura e gli abitanti, il secondo è quello di non curarsi degli ostacoli e farli scomparire, perseguendo solo l’utile.

Per Moravia spesso in questo secolo l’uomo antiumanista ha scelto il secondo metodo, considerando l’utile e la tecnologia come fini e gli esseri umani come mezzi. Spesso i dirigenti delle grandi corporation si preoccupano solo dei benefit, di stock option e non dei lavoratori. Ecco allora che la cosiddetta tecnostruttura si pone come unici obiettivi conquistare nuove quote di mercato, guadagnare in borsa, etc etc.

Bill Gates (1999) nel suo libro “Business alla velocità del pensiero” scrive: “Il mantra di ogni azienda è arrivare primi”. Spesso però il perseguimento di obiettivi economici eccezionali va a discapito dei dipendenti stessi delle aziende. Accade spesso che le grandi società utilizzino il reengineering per una ristrutturazione organizzativa il cui risultato è una serie di licenziamenti e prepensionamenti.  

Talvolta vengono tagliati i cosiddetti rami secchi con il conseguente licenziamento dei dipendenti, che vengono lasciati soli a loro stessi. Basta ricordarsi delle fusioni tra grandi aziende con i conseguenti licenziamenti di massa, in cui la proprietà e i dirigenti guadagnano cifre stratosferiche sia per l’economia di scala sia per il maggior valore delle azioni, mentre molti operai e impiegati sono a casa senza lavoro.

Ma qual è il costo economico di queste tattiche aziendali spregiudicate? A quanto ammontano le spese previdenziali e sanitarie? Non è che così facendo le grandi imprese perdano di vista “l’utilità sociale”, prevista ad esempio in Italia dalla stessa Costituzione?

Photo by Daniel Clay on Unsplash

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