Vuoi fidanzarti con me?


Quando incontrare l’Altro, lo straniero, è più facile se il dialogo è filtrato. L’amore dei giovanissimi al tempo dei social. Cosa accade?

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Inizia tutto con un “ciao” su Tik Tok di lei, Alice è fan di Ariana Grande, frequenta la seconda media, ripetente. Questo è tutto ciò che, fino a ora, lui sa di lei.

Lui è Mattia, un bambino intelligente e con gli occhi vispi, che sta per finire il ciclo di scuola (una volta detta) elementare. Ha una diagnosi, che talvolta diventa un marchio, di ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività), è cresciuto in un contesto socio-culturale difficile.

Non si sono mai visti, se non attraverso lo schermo di un cellulare, né hanno mai sentito le rispettive voci. Eppure si sono piaciuti subito e adesso sono fidanzati.

Mattia stamattina ha portato lo smartphone e vuole raccontarmi di questo suo primo amore corrisposto. Vuole raccontarlo non solo a me, ma vorrebbe gridarlo al mondo. Mi dice che Alice con lui è al sicuro, e intanto mi mostra il bicipite destro. Ha visto soltanto una foto di lei che sa bene non essere reale, la definisce un’immagine “editata” ovvero modificata attraverso qualche filtro.

Questo è l’incipit di una splendida avventura di cui svolgimento e fine devono ancora essere scritti, essere vissuti. Ed è il modo in cui Mattia la narra.

Si potrebbe dibattere a lungo su quanto possa essere dannoso per un bambino l’uso dei social networks, soprattutto quando questi divengono luogo virtuale di un incontro che potrebbe avvenire nella vita reale. E quindi quando queste piattaforme vanno a sostituire il luogo fisico di una conoscenza che tanto più nell’infanzia, potrebbe avvenire con una spontaneità unica.

Eppure quello di Mattia è anche il racconto di una promessa, di un patto d’amore.

Al centro della scena c’è il desiderio di Mattia di essere riconosciuto e accolto dall’Altro, c’è la voglia di vicinanza e contatto. Un fine che può essere raggiunto solo mediante all’oggetto tecnologico, solo per il suo tramite.

Può un mezzo come tik tok servire da ausilio a un bambino per potersi avvicinare all’Altro?

In un tempo in cui il mondo è attraversato da una pandemia che ci tiene lontani gli uni dagli altri, in cui non è ancora consentito, almeno non del tutto, avvicinarsi, toccarsi, abbracciarsi, può un oggetto inanimato filtrare un sentimento ed essere di veicolo di un tanto anelato incontro con l’Altro?

 L’immagine è una fotografia della stessa autrice.

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