Il Carro delle origini: illusione della gloria


Secolo dopo secolo il significato è cambiato: dalla cultura romano-cristiana (superbia da evitare) all’epoca dei Visconti (castità coniugale). Oggi, invece, il significato è completamente diverso.

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Nell’antica Roma, quando un generale tornava vittorioso da una campagna militare, riceveva dall’imperatore, e in età repubblicana dal senato, il Trionfo cioè una corona d’alloro, segno dell’imperitura riconoscenza del popolo romano. Il suo cocchio sfilava per le vie della città, tra due ali di folla osannante, seguito dai legionari, dai nemici vinti in catene e da carri colmi dei tesori tolti agli avversari.

Uno schiavo teneva sulla testa del generale l’alloro della vittoria e gli sussurrava all’orecchio: Respice post te! Hominem te memento! (Guarda dietro te! Ricordati di essere un uomo!). Un consiglio, un comando o un semplice avvertimento?

Al tempo degli imperatori, se concedere il Trionfo era indispensabile rituale, il momento si configurava non proprio dei migliori poiché le legioni avrebbero ubbidito al proprio generale se questo avesse deciso di impossessarsi del potere. Le parole sussurrate all’orecchio del trionfatore stavano a significare che il vero dio era l’Imperatore e che ribellarsi al suo potere sarebbe stato come tradire una divinità. Azione inaccettabile.

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Nella carta del Carro di un Antico Tarocco Italiano che raffigura un condottiero su un carro trainato da cavalli, la scritta Victoriae Premium posta nella parte inferiore della carta spiega chiaramente che si tratta di un evento trionfale offerto in premio per una vittoria. 

Nell’antico Tarocco Parigino dell’inizio del sec. XVII troviamo il cocchio di Apollo che il mito racconta trainato da cigni, uccelli canori sacri al Dio. L’ inno omerico ad Apollo (XXI) inizia in questo modo: “O Apollo, te il cigno canta soavemente, col battere delle ali, / calando alla riva lungo il Peneo, fiume vorticoso”.

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Eliano nell’opera De natura animalium (IX, 1) scrive che quando i sacerdoti di Apollo, figli di Borea e di Chione, celebravano i sacrifici, i cigni si raccoglievano là, scendendo giù in gran numero dai monti Rifei (monti della Scizia), circondando il tempio e intonando inni in onore del Dio.

Nella più antica lista di tarocchi conosciuta, risalente alla fine del sec. XV, l’anonimo monaco compilatore chiama questa carta lo caro triumphale vel mundus parvus cioè ‘il carro trionfale ovvero un piccolo mondo’, un minimo trionfo, un trionfo illusorio. Un monito indirizzato a chiunque cercasse la gloria e la fama, dato che queste sarebbero defunte con la morte.

L’espressione Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris (Ricordati uomo, che sei polvere e polvere ritornerai) tanto declamata dalla Chiesa non era altro che un ampliamento orrificante della frase sussurrata all’orecchio dei generali vittoriosi, un additare alla morte come la fine di ogni successo che, essendo terreno, sarebbe svanito nel nulla.

Il trionfo che segue il Carro nella prima lista di tarocchi è la cristiana Fortitudo, a indicare che il desiderio di potere, di gloria e di fama deve essere mitigato attraverso il ricorso a questa virtù. Per San Tommaso la Fortezza è la virtù che ‘sottomette’ l’appetito alla ragione in tutto ciò che si riferisce alla vita e alla morte, appetitivum motum subdit rationi in his quae ad mortem et vitam pertinent.

Una ragione, che secondo il concetto della Scolastica, rendeva comprensibili le verità di fede suggerendo all’uomo un corretto e cristiano comportamento.

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La carta mostra un guerriero in armatura o in ogni modo lussuosamente vestito su un carro trainato da cavalli, con in mano il globo aureo e lo scettro del comando. Il globo, per la sua forma sferica derivante dal cerchio, esprime l’infinito e conseguentemente il carattere totalitario della sovranità, da non intendersi sul mondo intero, ma sul proprio regno. Lo scettro è simbolo di potenza e di autorità suprema, riduzione del grande bastone del comando: verticale pura che esprime il potere ricevuto dall’alto.

Per pari opportunità e per buona pace i suoi sostenitori, nella carta dei Tarocchi Visconti detti Colleoni-Baglioni, l’auriga è una donna. Trainano il carro cavalli alati bianchi, colore della purezza e della virtù mentre le ali suggeriscono un’ascesa verso il cielo. La donna sul carro rappresenta pertanto ‘la bellezza assoluta alla quale si accompagna la castità’.

Con molta probabilità, la donna indica Bianca Maria Sforza, moglie e duchessa del nuovo duca di Milano, per la quale questo mazzo, o uno simile, venne realizzato nella città di Cremona, città che suo padre, il duca Filippo, aveva donato alla coppia in dote. In questo senso, la sua Castità non è quella dell’astinenza austera dell’amata dal Petrarca, ma quella di una donna sposata, moglie di un uomo importante, il quale onora il suo ruolo.

È il trionfo della castità prima delle nozze (la castità della vergine), durante le nozze (dove viene utilizzata una carrozza tra la casa della sposa e quella dello sposo), e dopo le nozze (la castità di una donna sposata): la sua fama e il suo onore derivano da tutti questi tre aspetti. Si tratta della Buona Fama contro quella di coloro che anelano a ogni costo la celebrità per il solo desiderio di essere ammirati e vezzeggiati.

Se è vero che il Tempo distrugge perfino le rovine, la Buona Fama è quella destinata a durare più a lungo nella memoria dei posteri, in cui il rispetto si coniuga con l’amore.

Terminerei con questi meravigliosi versi tratti dal Dei Sepolcri del Foscolo,che dovrebbero insegnare a tutti gli uomini a fare loro il detto medievale “Che uomo è l’uomo che non fa crescere il mondo?”.

Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
Il tempo con sue fredde ale vi spazza
Fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
Di lor canto i deserti, e l’armonia
Vince di mille secoli il silenzio.

Alessandro il Grande insegna.  

Immagini: Il Carro, dai Tarocchi Visconti detti Colleoni -Baglioni, carta miniata, sec. XV.

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