Regno di ricordo e intimità, il Cancro


Il passato eternamente vivente nel ricordo del presente, con il regno notturno della Luna, tra sogni e incubi distopici. Natalia Ginzburg, Kafka, Orwell e Pirandello. Sentieri e corridoi oltre la “Porta degli Uomini”.

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Domicilio della Luna, il Cancro è conosciuto anche come “la porta degli uomini”: nel thema mundi, – un tema natale ideale della nascita del mondo elaborata dall’astrologia ellenistica, a cui si è fatto accenno in un articolo precedente, – il quarto segno viene collocato proprio all’ascendente che in astrologia rappresenta la nascita dell’individuo e l’inizio di ogni cosa.

Dalla porta del Cancro, origine del Mondo, si entra pertanto nella dimensione sublunare di generazione e corruzione a cui i corpi fisici sono esposti.

Il corpo fisico è il luogo delle sensazioni e delle emozioni: alcune si sentono “di pancia”, altre visceralmente, altre ancora fanno salire il sangue alla testa e, a volte, nello stomaco, riusciamo a sentire persino le farfalle.
Occorre talento per trasmettere emozioni e farle sentire in corpo e forse questo è uno dei pregi della buona letteratura. Vi è molto di Cancro in Natalia Ginzburg (14 luglio 1916 – 1991), nella sua capacità di svelare l’intimità dei propri ricordi e trasmettere la concretezza di emozioni e sensazioni a un lettore partecipe di memorie che potrebbero essere le proprie. Ne Le piccole virtù la scrittrice apre uno squarcio del mondo infantile, terreno d’elezione cancerina, e dell’insanabile incomunicabilità con quello degli adulti:

Nell’infanzia, abbiamo soprattutto gli occhi fissi al mondo degli adulti, buio e misterioso per noi. Esso ci sembra assurdo, perché non capiamo nulla delle parole che gli adulti si scambiano fra loro, né il senso delle loro decisioni e azioni, né le cause dei loro mutamenti d’umore, delle loro collere improvvise.

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Se il Sole è lo spirito e l’intelligenza, perché nella luce tutto è visibile e comprensibile, nel regno notturno della Luna, tutto è misterioso e ignoto perché ogni cosa è confusa e le differenze si annullano nella coltre oscura in cui tutte le vacche sono nere.

Ecco perché la Luna è anche simbolo delle masse, perché la Luna accoglie tutti nel suo grembo, anche i più diseredati, gli stessi di cui ha parlato George Orwell (25 giugno 1903 – 1950), nato in un novilunio in Cancro, principalmente noto per il suo contributo al genere distopico.

Sensibile al disagio dei reietti della società, durante i suoi viaggi volle mescolarsi alle masse di diseredati dei bassifondi di Londra e Parigi fino a partecipare attivamente alla guerra civile spagnola degli anni trenta che verrà raccontata in Omaggio alla Catalogna. Se il Cancro, le origini dell’uomo, può essere associato in senso lato all’amor di patria, è lo stesso Orwell che in Appunti sul nazionalismo ne definisce i confini con il concetto di nazionalismo che in Europa stava allora debordando nei totalitarismi che lo scrittore britannico combatteva:

“Patriottismo”, secondo me, significa attaccamento ad un luogo particolare e ad un certo modo di vivere, che si reputa essere il migliore al mondo, senza volerlo imporre ad altri. Il patriottismo è per sua natura difensivo, sia militarmente sia culturalmente. Il nazionalismo, al contrario, è inseparabile dal desiderio di potere.

Da un lato, il rapporto con le origini, – siano esse quelle del personale passato familiare, sia quelle di un territorio e una storia collettivi, – può assumere le forme di idola, inafferrabili e intangibili come l’elemento dell’acqua, partoriti dal grembo prolifico dell’immaginazione che intende ricomporre i cocci sparsi di un tempo remoto non più direttamente conoscibile se non attraverso l’esperienza fallace della memoria (si pensi al genere fantasy o, in parte, al romanzo storico).

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L’elogio implicito di un passato migliore finisce per corromperlo, producendo il dolce cancro della nostalgia di una casa mai abitata, di un’epoca mai vissuta, di qualcuno mai incontrato.

Tuttavia, i fantasmi del passato assumono spesso tratti inquietanti: si pensi per esempio al conflitto col padre dello scrittore ceco Franz Kafka (3 luglio 1883 – 1924) e al controverso rapporto con le proprie origini ebraiche; mentre per l’americano Nathaniel Hawthorne (4 luglio 1804 – 1864), un altro scrittore a cui è stato dedicato un cratere su Mercurio, è vivo il tema del passato che ritorna, spesso associato a un senso di colpa incancellabile. Nello scrittore di Salem, nel cui sangue riviveva quello dei propri antenati coinvolti nella caccia alle streghe, rivive il passato delle prime colonie del New England. Nella Lettera Scarlatta egli scrive:

“Nessuno può, per un periodo che non sia brevissimo, indossare una faccia da mostrare a se stesso e un’altra da mostrare a tutti gli altri, senza alla fine trovarsi nella condizione di non capire più quale possa essere la vera.”

A proposito di maschere, non possiamo infine non ricordare tra le schiere del segno il nostro Luigi Pirandello (28 giugno 1867 – 1936): egli si sentiva “figlio del Caos”, nato vicino al bosco del Cavusu, alterazione dell’antico nome greco Chaos da cui l’uomo ha origine e a cui l’uomo ritornerà alla fine del suo tempo.

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Consigli di lettura per rimanere nel grembo domestico, col condizionatore acceso, e lontano dalla volgare massa spiaggiata:
• Natalia Ginzburg, Le piccole virtù.
• Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta
• George Orwell, Senza un solo a Parigi e a Londra