La Temperanza


La ragione al servizio dell’Anima, ovvero: la virtù a cui affidarsi per non soffrire l’assenza dei piaceri

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In greco sophrosyne, in latino temperantia è una delle quattro virtù cardinali. Come spiega Platone nella Repubblica, essa controlla l’appetito concupiscibile e consiste essenzialmente, come chiarisce Aristotele nell’Etica Nicomachea, in una moderazione dei piaceri sensibili conformemente alle esigenze della ‘retta ragione’. San Tommaso nella Summa Theologiae scrive:

“La Temperanza che implica moderazione, consiste principalmente nel regolare le passioni che tendono ai beni sensibili, e cioè la concupiscenza e i piaceri, e indirettamente a regolare le tristezze e i dolori che derivano dall’assenza di questi piaceri”.

La persona temperante è dunque quella che si sforza di resistere all’attrattiva delle passioni e dei piaceri, in particolare quelli sensuali, quando divengono eccessivi.

Nel cinquecentesco Sermo de Ludo è giustamente posta vicino all’Amore in quanto virtù che insegna a moderare le passioni. La Temperanza viene generalmente rappresentata nei tarocchi miniati (fig. 1  / fig. 2) nella sua versione più diffusa, cioè da una fanciulla nell’atto di versare l’acqua da un recipiente in un altro contenente vino col significato di mitigare, di smorzare ciò che è troppo eccitabile. Esprime quindi la necessità di dominare certi istinti che, attraverso questa virtù, vengono equilibrati.

Una variante iconografica di notevole interesse appare nel Tarocco di Alessandro Sforza (fig. 3). Una donna nuda siede sul dorso di un cervo, voltando le spalle alla testa dell’animale. Con la mano destra versa l’acqua da una coppa facendo cadere il liquido sul proprio sesso che copre con la mano sinistra. La coppa risulta poco appariscente essendo stata impressa a punzone unitamente agli altri elementi decorativi. Si tratta di una particolare rappresentazione della Temperanza: una favola sugli antichiDei utilizzata come ammaestramento morale, secondo la prassi tipica del tempo.

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Secondo l’accezione cristiana la Temperanza ha il compito di domare in principal modo la sensualità, i piaceri carnali. Pertanto, tra le virtù a essa collegate si annovera la Castità.

La raffigurazione nella carta di Alessandro Sforza riflette il mito greco di Diana, assurgendo ad allegoria di ammaestramento morale. La dea, durante la ricorrenza dell’Anodos, sua apparizione annuale, momento in cui ella rinnovava la propria verginità bagnandosi nuda in una fonte sacra, venne guardata e desiderata con concupiscenza da Atteone. Furiosa la dea lo tramutò in cervo (fig. 4), animale direttamente connesso al suo mito in quanto come dea della caccia era chiamata elafebòlos, cioè saettatrice di cervi.

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Ma il cervo era anche considerato animale simbolo di mitezza e dotato di numerose prerogative. Nel bestiario toscano Libro della natura degli animali, trattato moralizzato medievale, il cristiano è ripetutamente invitato, attraverso opportuni esempi tratti dal comportamento animale, all’esercizio delle virtù richieste dalla sua professione di fede e alla pratica costante della confessione e della penitenza. In quest’opera si racconta come il cervo fosse in grado di uccidere i serpenti, per poi mangiarli e liberarsi del veleno ingerito bevendo acqua pura. Da questo comportamento viene dettato un ammaestramento morale:

“Anche gli uomini devono imitarlo, liberandosi dall’odio, dalla lussuria, dall’ira, dall’avarizia ricorrendo alla fonte viva, cioè a Cristo”.

Nel mito Diana è dea sempre vergine: suo costante rito è il gesto di attingere e riversare acqua, elemento di rigenerazione e purificazione. Per questo motivo a Roma i templi delle vergini Vestali furono posizionati in mezzo a boschetti in prossimità di fonti scaturenti dalle rocce. Diana compie il suo rito di purificazione non per smorzare eventuali ardori (dato che la dea è sempre vergine), ma versando acqua nella sua ‘acqua’ (il suo sesso, come contenitore legato ai liquidi) ella mette in contatto le energie delle due acque, rinnovando la sua purezza virginale.

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Basandosi sul mito descritto la raffigurazione assume una valenza morale: come Diana ha prevalso su Atteone, simbolo della tentazione e l’ha reso mansueto, così l’uomo deve domare e sottomettere i propri istinti, mantenendosi casto attingendo all’acqua salvifica della Temperanza.

Se l’acqua ha la funzione di purificare dal fuoco delle passioni, un vistoso fuoco appare nella carta della Temperanza del Tarocco Parigino di anonimo del sec. XVII, chiamata A Trempance, su cui la fanciulla versa l’acqua contenuta nella coppa (fig. 5).

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Che il fuoco rappresenti il simbolo della passionalità, da cui l’espressione ‘infiammarsi d’amore’, è testimoniato da un’ampia letteratura. Il Petrarca così si espresse pensando a Laura:

Quel foco ch’i’ pensai che fosse spento / dal freddo tempo et da l’età men fresca, / fiamma et martir ne l’anima rinfresca.

Nella carta dei cosiddetti Tarocchi del Mantegna ai piedi della fanciulla appare un ermellino (fig. 6). Il Ripa nel suo trattato di iconologia scrive che per rappresentare questa virtù “si puo ancora dipingere l’ermellino, per la gran cura che ha di non imbrattare la sua bianchezza, simile a quella di una persona casta”.

Nella carta della Temperanza del Tarocco Viéville (fig. 7) la fanciulla viene mostrata versare il liquido da una brocca che tiene in mano in un’altra posta a terra, mentre con l’altra mano tiene uno stendardo su cui sono riportate le parole Fama Sol [Solo Fama]. Non si tratta ovviamente di una variazione di carattere personale, ma di una sostituzione in perfetta sintonia con la prerogativa terrena della Temperanza, che è quella di rendere famoso, attraverso le azioni virtuose, l’uomo temperante secondo un concetto espresso sia dai Padri della Chiesa che dagli Antichi.

Etteilla nel 1788 rappresentò la virtù in modo tradizionale, con una fanciulla alata in atto di versare acqua da una brocca all’altra, ma la raffigurò con un piede su una sfera e l’altro su un blocco di pietra (fig. 8).

Secondo Edgar Wind si tratta di una combinazione desunta da un motivo rinascimentale ovvero la rappresentazione di un giovane che rincorrendo l’Opportunità era trattenuto dalla Saggezza. L’Opportunità o la Fortuna, con il suo ciuffo da afferrare (secondo il detto ‘la Fortuna va presa per i capelli’), è posta su una sfera per indicare quanto velocemente si allontana, mentre la Saggezza si trova su una struttura in pietra molto più lunga e larga rispetto allo spessore per mostrare la sua solida stabilità.

L’affresco aveva tradizionalmente il titolo di Occasio e Poenitentia, cioè Opportunità e Secondo Pensiero. È un esempio del motto rinascimentale Festina lente, ovvero ‘affrettatevi lentamente’. In altre parole, il motto insegna a non agire in modo impulsivo, ma agire rapidamente una volta che si è presa una decisione. Per quanto riguarda la Temperanza, il contrasto tra la sfera e il blocco di pietra consiglia di seguire il consiglio fermo e affidabile della Sapienza in merito alle opportunità di godere dei piaceri dei sensi, in contrasto con l’agire impulsivamente. La giustapposizione di Etteilla tra i due solidi esprime l’equilibrio che rappresenta la virtù.

Nelle carte del Grand Etteilla II, realizzate  nel 1838 da Simon Blocquel seguace di Etteilla, che usò le parole chiave del suo maestro ma non il suo progetto originale, la Temperanza viene raffigurata da una fanciulla che reca in mano un morso, dall’evidente funzione simbolica di frenare le passioni, e da un elefante, simbolo anch’esso della “Temperance” (fig. 9) così come appare nell’immagine e nella descrizione di questa virtù nel trattato del Ripa.

A questo proposito egli scrive “L’elefante è posto per la Temperanza, perché essendo assuefatto a una certa quantità di cibo non vuol mai passare il solito, prendendo solo tanto, quanto è sua usanza per cibarsi” (fig. 10).

Didascalie foto

  • 001 La Temperanza, dai Tarocchi Colleoni-Baglioni, Milano, sec. XV. New York: The Pierpont Morgan Library.
  • 002 La Temperanza, dai cosiddetti Tarocchi di Carlo VI, Ferrara-Bologna, sec. XV. Parigi: Bibliothèque Nationale.
  • 003 La Temperanza, dai Tarocchi di Alessandro Sforza, maestro ferrarese, sec. XV. Catania: Museo di Castello Ursino.
  • 004 Atteone tramutato in cervo, piatto in maiolica, c.1535. Faenza: Museo Internazionale delle Ceramiche.
  • 005 A Trempance, da Tarocco Anonimo Parigino, prima metà sec. XVII. Parigi: Bibliothèque Nationale.
  • 006 Temperanza, dai cosiddetti Tarocchi del Mantegna, sec. XV. Serie: Gli Spiriti e le Virtù.
  • 007 La Temperanza, dai Tarocchi Jaques Vieville, Francia, metà sec. XVII. Parigi: Bibliotèque Nationale.
  • 008 Temperanza, incisione dipinta ad acquarello da Pierre-François Basan a nome di Etteilla, 1788.
  • 009 La Temperance, dai Tarocchi Grand Etteilla II, realizzati da Simon Blocquel, 1838.
  • 010 Temperanza, in Cesare Ripa Iconologia, Roma, Heredi di Gio. Gigliotti, 1593, p. 169.
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