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Internet monopolizzato


Come ha fatto Amazon a monopolizzare il mercato e schiacciare la concorrenza? Esattamente come ha fatto Microsoft nel “costringere” il Pentagono a far passare sulle proprie reti dati come: soldi delle tasse e codici missilistici. Il Cloud: l’anno zero del nuovo internet.

Come ha fatto Amazon a diventare Amazon?

E come ha fatto il Pentagono a trovarsi sottoposto alle reti Microsoft?

Tutto inizia da una magica parola: IL CLOUD.

In forma silenziosa per i non addetti ai lavori, ma in modo veloce e traumatizzante, l’ennesima rivoluzione e’ approdata nel mondo dell’informatica: il Cloud. Dapprima una semplice “buzzword”, ovvero una parola vuota per vendere un prodotto inutile ma alla moda.

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Ora la sua presenza è ovunque, al punto che molti nel settore informatico si stanno riaggiornando, per non rischiare di trovarsi in mano un curriculum datato e quindi invendibile in un campo dove l’aggiornamento all’ultima moda metterebbe in imbarazzo il mondo della moda.

Ma di cosa parliamo quando si nomina “il Cloud”?

Il concetto, nato negli anni ‘90, identifica un insieme di tecnologie di elaborazione ed archiviazione di dati, la cui fruizione è fornita attraverso una rete (1). Fin qui non c’è nulla di nuovo, dato che in questa definizione entra anche Internet. È solo a metà degli anni 2000 che un’azienda, all’epoca famosa solo perché vendeva libri su internet, ci vede una opportunità. Questa azienda si chiama Amazon.

Amazon è un’azienda che è stata a lungo ignorata, non essendo alla moda quanto Google e nemmeno onnipresente come Microsoft.

Tuttavia il suo fondatore, Jeff Bezos, oggi l’uomo più ricco del mondo, aveva probabilmente ben capito che una combinazione fatale di tecnologia innovativa ed una relativa rilassatezza legislativa potevano creare un cocktail micidiale per imporsi in maniera incontrastata nel mercato.

Amazon Web Services, questo il nome della divisione di Amazon dedicata al Cloud Computing, farà uscire il suo primo servizio nel 2006 (2), con un intento quasi modesto: dare la possibilità di creare dei computer virtuali su internet a prezzi stracciati.

Il vantaggio per le aziende era evidente, dato che si potevano creare servizi su Internet senza dover investire una cospicua somma di denaro in infrastrutture informatiche, spostando la complessità e la difficoltà dell’economia di scala sulle spalle di Jeff Bezos.

Non stupirà nessuno che gli anni tra il 2006 ed il 2010 sono quelli che vedranno la grande esplosione delle start-up come Uber: per un imprenditore era facilissimo, con un minuscolo investimento iniziale, proporre un nuovo prodotto digitale in un mondo che stava correndo sempre più nella direzione degli smartphone. Amazon prima, Google e Microsoft poi, sono stati i catalizzatori di questo movimento, grazie alle loro infrastrutture informatiche date “in leasing” a chiunque ne facesse richiesta.

Fin qui sembra una bella favola, di imprenditori di successo e di idee innovative, ma come avevo un po’ anticipato, questa occasione storica era accompagnata da tecnologie non comprese e legislatori poco attenti. E, aggiungo ora, anche molta ingenuità.

Per anni si è voluto credere che le tecnologie Cloud non avevano controindicazioni grazie all’abbondanza di aziende, di capitali e di servizi esplosi nei primi anni, ma solo ora si inizia a vederne gli effetti negativi.

Questi servizi, offerti alle aziende, richiedono economie di scala molto avanzate che sono alla portata di poche aziende, come le già citate Amazon, Microsoft e Google, aziende che ormai messe assieme sono più ricche di alcuni stati nazionali, ed in certi casi hanno abbastanza potere per far leva sui legislatori di questi, letteralmente riccattandoli (3).

Inoltre, la convenienza di questi servizi attrae sempre di più nuovi clienti, portando ad un accentramento di Internet sulle mani di poche persone. Questo accentramento a propria volta rende gli esperti del campo sempre più costretti ad imparare le tecnologie Cloud di questi colossi, rendendo difficilissimo per i clienti staccarsi ed operare in maniera indipendente sul mercato.

Non è un problema solo di aziende come piccole e medie imprese: il Pentagono, dopo anni di corteggiamenti, ha deciso di spostare la propria infrastruttura informatica sul cloud di Microsoft. E’ solo l’ultima di tante altre agenzie governative, non solo statunitensi, che decidono di far passare dati sensibili (come i soldi delle tasse e i codici missilistici) per i cavi ed i computer “in leasing”.

Non è facile sapere quanto questo circolo vizioso abbia minato le fondamenta di un internet decentralizzato ed indipendente, ma sappiamo che lo scorso anno, durante due malfunzionamenti dell’infrastruttura di Amazon, ci son stati pesanti disservizi estesi globalmente alla rete Internet (4), definiti da alcuni giornalisti come: «se un cavo sottomarino intercontinentale fosse stato tranciato».

Non è facile sapere se questo circolo vizioso si fermerà (da solo) o meno in futuro, ma chi scrive un piccolo e modesto suggerimento lo avrebbe: quando un albero diventa troppo grande, al punto che nulla può crescergli attorno, basterebbe tagliarlo ed usare i suoi rami per piantare nuovi alberi, più piccoli, che siano in grado di ripopolare la foresta, renderla rigogliosa, senza dover soffocare le altre forme di vita. È già stato fatto in passato (5), più volte (6), con successo. Possiamo farlo di nuovo.

Note: (1) http://www.treccani.it/enciclopedia/cloud-computing/; (2) https://aws.amazon.com/blogs/aws/amazon_ec2_beta/; (3) https://www.reuters.com/article/us-turkey-google/google-warns-turkish-partners-over-new-android-phones-amid-dispute-idUSKBN1YK0QR; (4) https://www.theverge.com/2017/2/28/14765042/amazon-s3-outage-causing-trouble; (5) https://www.computerworld.com/article/3277616/microsoft-lost-its-antitrust-suit-almost-two-decades-ago-what-would-be-different-if-it-had-won.html; (6) https://mattstoller.substack.com/p/googles-dangerous-monopoly-based.

Immagine: Photo by Artyom Kim on Unsplash

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