Enrico De Nicola: Retorica ed eloquenza


Frase rapida e immediata, tagliando superfluo e orpelli. In pochi minuti tocca tutti i punti sensibili del discorso, lasciando un segno potente. Ogni parola è lavorata alla perfezione. Il Presidente della Repubblica con l’eloquenza del diamante.

Il video del discorso di De Nicola

L’immagine che molti hanno di Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica Italiana, è quella di un uomo schivo ed austero, intabarrato nel suo cappotto logoro, incarnazione di un frugale e stoico senso del dovere. Pochi sanno che sul suo labbro di avvocato e politico suonò una musica di incanto capace di dominare giurati ed elettori, di incatenare al ritmo della sua voce assemblee rotte ad ogni tipo di malìa oratoria. L’eloquenza di De Nicola, invero, racchiude tutte le anime della grande tradizione napoletana, rinnovandole in una sintesi mirabile di arte e persuasione.

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Negli anni che precedettero la sua affermazione come principe del Foro, l’aringo forense era infiammato dalla passionalità incontenibile di un’oratoria infuocata. Gaetano Manfredi aveva sovrastato tutti, fino all’aurora del ‘900, con una parola poietica capace di plasmare i fatti e ripresentarli ai giurati come tragedie di intensità shakespeariana; aveva indagato con la lanterna dell’eloquenza gli angoli più bui dell’anima di carnefici e vittime; aveva evocato amori soavi ed ire funeste, momenti di gioia e attimi di follia con un orfismo quasi mistico.

Quando De Nicola si affaccia alla vita del foro quel modello conosce il suo tramonto. La vita fattasi più frenetica ed intensa reclama un’eloquenza capace di adeguarsi al ritmo di un tempo nuovo. Anche nei tribunali. Così la parola di Enrico De Nicola si manifesta e si perfeziona per mantenere intatto il fascino dell’antico nelle forme fantasmagoriche di un futuro imminente.

Non è più l’oratoria che canta le tragedie umane, che indaga i moti dell’anima e li riveste di una patina romantica; non è più l’oratoria poderosa che si compone di periodi ciclopici, che si lega alle vorticose ascensioni della parola fino al limite postremo delle sue possibilità. Enrico De Nicola crea un’eloquenza dalla frase rapida, immediata; scandita al ritmo della brevitas e della concinnitas.

La parola scarnificata è resa nella sua essenza, qualsiasi tentazione all’ornato è recisamente evitata. L’eleganza della persona si trasfonde tutta nella prossemica del discorso: lo stesso De Nicola afferma, in una intervista, che se non avesse fatto l’avvocato sarebbe stato un direttore d’orchestra.

Lo stile del discorso è di una purità che lo avvicina all’atticismo: non per antitesi procede ma per linee rette di pensiero. Ad orientare il susseguirsi delle parole è la legge della necessità.

La semplicità dello stile nasconde, però, un lungo travaglio. Attraverso un diuturno lavoro di limatura, la molteplicità è ridotta ad unità, i periodi si muovono intrecciandosi in un lucidus ordo di serena bellezza.

De Nicola ha dinanzi agli occhi tutto il contenuto di una causa o di un discorso e lo incide con il bulino della sua sensibilità: elimina il superfluo, recide gli orpelli, elide la ridondanza e solo allora estrae dalla materia la perfezione compiuta della frase. È lo stesso procedimento che si compie per derivare il diamante lucente dalla sua forma grezza: prima si procede al taglio nella fase del clivaggio, successivamente si armonizzano i dettagli con la sfaccettatura ed infine si dona la brillantezza con la lucidatura.

Le sue arringhe di avvocato e i suoi discorsi politici sono intrisi di questa idea di eloquenza e, una volta letti ed ascoltati, ci lasciano come sospesi nella meraviglia e nell’incredulità: come è riuscito, nella brevità di un discorso di pochi minuti, a lasciare un segno così potente, a trasmettere una forza persuasiva così dirompente, a toccare tutti i punti sensibili di un tema così vasto? La risposta è una sola: attraverso l’arte di una parola portata alla perfezione del diamante.

Un esempio palmare del suo stilema è rappresentato dal discorso di insediamento come capo provvisorio dello Stato. In un momento storico in cui l’Italia è lacerata dai conflitti interni, in cui il futuro è un orizzonte oscuro, in cui la morte e la devastazione del conflitto hanno sconvolto le esistenze di milioni di persone, il suo compito è quello di parlare di unità e di speranza.

Il suo genio retorico gli permette di realizzare questo intendimento con un discorso breve in cui ogni frase ha la consistenza di una sentenza scolpita nella pietra. Tutte le parole sono animate da una forza serena ed arcana come quelle pronunziate da un profeta che ha visto il futuro e lo racconta: De Nicola pare simile a Pericle che parla agli Ateniesi del valore imperituro della loro democrazia, pare simile a Lincoln che sul campo di battaglia di Gettysburg parla al popolo americano del grande compito che ha assegnato loro il destino.

È un discorso che andrebbe letto e tramandato, come quelli summenzionati, perché essendo universale è sempre contemporaneo, perché in esso v’è incisa la forza e la dignità di una grande nazione che anche nelle ore più buie trova la forza di rialzarsi nella luce.

Ogni Presidente della Repubblica, ogni presidente del consiglio, come ogni sindaco o consigliere comunale dovrebbe ripetersi, in momenti in cui si alzano ostacoli che paiono insormontabili, parole di questo discorso per ritrovare il senso della speranza e della passione politica:

«La grandezza morale di un popolo si misura dal coraggio con cui esso subisce le avversità della sorte, sopporta le sventure, affronta i pericoli, trasforma gli ostacoli in alimento di propositi e di azione, va incontro al suo incerto avvenire. La nostra volontà gareggerà con la nostra fede e l’Italia –rigenerata dai dolori e fortificata dai sacrificiriprenderà il suo cammino di ordinato progresso nel mondo perché il suo genio è immortale»

Nel video legato all’articolo ho declamato per intero questo storico discorso: https://www.instagram.com/tv/B86bXcRI5v9/?igshid=1o5y5tsz8abwe

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