“Non stare sulla porta”


Breve testimonianza sui problemi “madre-figlio” quando la tossicodipendenza avvelena il quotidiano. L’«amore responsabile» ha l’obbligo morale di prevalere sull’«amore incondizionato».  Dalle esperienze di Anna Maria Borghi, Presidente del centro terapeutico e riabilitativo “Le Ali”: «Prendi la loro esperienza e fanne tesoro».

Premessa redazionale

Sul tema delle dipendenze e dei programmi di riabilitazione il “Centro Le Ali Onlus”, da anni, ha esperienza e memoria di una molteplicità di casi critici e finanche drammatici. La parte di rubrica riservata al Centro esordisce con una rapida narrazione di Anna Maria Borghi, frutto di un vissuto concreto e soprattutto utile nella diffusione. Ci auguriamo che il messaggio possa adeguatamente sollecitare alcune madri nel comprendere la differenza tra “amore incondizionato” e “amore responsabile”.


«Sono venuta a ritirare i farmaci di Oleg».

«Adesso chiamo Assunta e te li faccio portare… intanto entra … che fine ha fatto Oleg?».

Irina incrocia le braccia, contrae le mascelle e -appena appena- compaiono due lacrime leggere che lucidano gli occhi: «E’ a casa a letto, è tornato ieri dopo un Pronto Soccorso… è stato picchiato e ha un trauma cranico, per ora non riesce a muoversi. E’ probabile che avesse dei debiti e… come lo hanno rivisto in giro…».

Oleg ha lasciato la comunità da tre giorni. Era venuto per un problema di dipendenza da sostanze e nei tre mesi trascorsi con noi, ha avuto momenti difficili durante i quali il desiderio della droga “prevaricava”.

Spesso però era sorridente e condivideva la prospettiva di una vita serena con il gruppo dei compagni e degli operatori.

Oleg ha 25 anni e spesso i rumori che si sentivano in comunità erano frutto della sua giovane età.

«Che pensa di fare? …quando starà meglio, voglio dire… ».

«Non lo so, non riesco ancora a parlare bene con lui, ma gli ho detto che se non torna in comunità se ne deve andare e io chiudo casa».

«Pensi di farlo davvero?».

«No, no! Solo per spaventarlo…».

«Forse potevi pensarci prima, mettendolo davanti ad una scelta e non accoglierlo… adesso non sarà facile fargli credere che fai sul serio».

Irina stringe di più la borsa che ha in mano, mi guarda e con timore mi dice: «Tu pensi sia facile? Tu parli di uno dei tanti ragazzi che stai seguendo, ma Oleg è mio figlio…».

«È vero Irina, Oleg è solo uno dei tanti… è uno dei tanti che hanno fallito o che hanno vinto e la loro storia è sempre diversa. E allora prendermi “cura” di lui, oggi, per me significa prendermi “cura” di te, del tuo dolore, riuscire a comprendere la tua difficoltà senza giudicarla.

Restare al tuo fianco per trasmetterti la forza e non farti sentire sola. Aiutarti a comprendere che spesso, per raggiungere la cima della montagna, ci si fa male e costa fatica. Guardati alle spalle e al tuo fianco, guarda quanti familiari come te hanno vissuto queste difficoltà.

Prendi la loro esperienza e fanne tesoro.  Chiedi aiuto in tutte le forme che conosci e fallo forte. Chiedi aiuto per te… per come ti senti unica e sola nella tua disperazione. Noi ci siamo ad aiutarti a trasformare il tuo “amore incondizionato” in “amore responsabile”. Parlagli, poi chiamami e decidiamo insieme cosa fare».

E Irina finalmente lascia cadere le braccia verso il corpo.

«Ecco i farmaci di Oleg.  Sono antibiotici, aveva un’infezione ai denti, vanno presi a orari…».

«Sì, va bene… grazie… cercherò di parlargli».


Articolo di Anna Borghi (Centro Le Ali)

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