Nei plutonici abissi dell’ossessione: Achab contro Moby Dick


L’ignoto che si annida nei misteri del mare, la sete di vendetta, la spirale di follia e la morte. Interpretazione astrologica del grande romanzo dell’Ottocento

La letteratura è l’arte attraverso la quale il genio dell’uomo ha saputo costruire nuovi mondi mediante l’immaginazione. I personaggi della letteratura, di fatto, rappresentano e incarnano degli archetipi, gli stessi che in astrologia vengono espressi dai pianeti che, attraverso il loro moto, influenzano l’individuo la cui psiche diventa il palcoscenico in cui rivivono i grandi miti dell’umanità, naturalmente nei limiti della materia e nella prosaicità delle vite quotidiane.

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Moby Dick, pietra miliare nella letteratura americana (e universale), si presenta solo superficialmente come un romanzo di avventura finalizzato alla narrazione del viaggio per mare della baleniera Pequod a caccia di grossi cetacei. In realtà, la penna ambiziosa di Herman Melville, ispirata dalla potenza evocati dei racconti biblici, crea una sorta di “poema sacro”, per usare le parole di Cesare Pavese che fu forse il miglior traduttore italiano dell’Opera.

Con uno stile di scrittura solenne da Antico Testamento, Melville è stato capace, infatti, di rendere archetipici i personaggi dell’opera, a cominciare dal gigantesco capodoglio Moby Dick, eco del mitico Leviatano biblico, raffigurato come la quintessenza del Male ma anche simbolo dell’ignoto che si annida negli abissi misteriosi del mare, il regno delle forme indifferenziate e quindi del mistero e del possibile pericolo.

Da un punto di vista astrologico, è curioso constatare come il cielo del 1851, anno di pubblicazione del romanzo, presentasse delle sorprendenti sincronicità con la nostra attuale situazione astrale: infatti, se si osservano i transiti dei pianeti lenti, possiamo notare come Urano, il pianeta degli stravolgimenti, si trovasse nei primi gradi del Toro mentre Nettuno, il re dei mari e degli abissi marini, stava transitando nel suo domicilio in Pesci per l’ultima volta prima della nostra era. Oltre a ciò, va ad aggiungersi il transito del Nodo lunare Nord – che in astrologia ha un’importante valenza karmica ed evolutiva – nel Cancro, segno in cui ha transitato per buona parte del 2020 e che, tradizionalmente, è associato anche alle acque e ai viaggi per mare. Una cornice astrologica quanto mai congruente con lo spirito dell’opera.

All’epoca del romanzo, non era ancora stato scoperto Plutone, il pianeta che in astrologia rappresenta il potere, la Morte, la distruzione, la trasformazione e che agisce attraverso il dissotterramento spesso drammatico delle pulsioni più profonde. Eppure, la sua influenza, ancora ignota all’astrologia del XIX secolo, sembrerebbe già in atto nella psicologia del personaggio del capitano Achab, il comandante della Pequod, un uomo misterioso, tormentato e mosso da una smisurata sete di vendetta nei confronti di Moby Dick che, in passato, lo aveva attaccato divorandogli una gamba.

La caccia all’odiato cetaceo rappresenta l’oggetto dell’ossessione del capitano e favorirà il suo ingresso in una lenta e inesorabile spirale di follia. Assecondando sempre più un plutonico impulso di Morte verso cui conduce anche l’inconsapevole equipaggio della nave, Achab giungerà al triste epilogo che lo attende nell’ultima battaglia dove lotterà titanicamente contro il “mostro”, incurante di essere ormai irrimediabilmente condannato alla sconfitta, fino a venire trascinato, letteralmente, nelle profondità dei fondali marini.

In astrologia, Plutone è il signore dello Scorpione, ovvero il segno in cui si trova in domicilio e dove esercita maggiore potenza e influenza. Coloro che hanno forti valori in Scorpione nel proprio tema natale, o un Plutone dominante magari anche in aspetto con i pianeti personali (ovvero Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte), è come se fossero portati per destino a conoscere l’ombra (propria e altrui) attraverso esperienze talvolta dolorose e drammatiche che possono costringere al confronto con gli aspetti dell’ossessione, la manipolazione, il tradimento, la brama di potere e di sopraffazione e, naturalmente, la Morte, sia in senso biologico che, soprattutto, concettuale.

Proprio come il capitano Achab, colui o colei che incarna l’archetipo dello Scorpione o di Plutone è come se rivestisse i panni dell’eroe tragico faustiano che, seguendo la voce del Daimon interiore, si lascia trascinare nelle acque torbide dei propri tormenti, rischiando che la determinazione e l’ambizione si trasformino in hybris e si venga sopraffatti dalla propria passione (nel significato originario di “sofferenza”, dal latino pati, soffrire), la stessa che porta Achab, alla fine del libro, a gettare la sua pipa in mare e affrontare fino a morte certa il Mostro della sua Ossessione:

Oh, una morte solitaria dopo una vita solitaria! Ora sento che la mia maggiore grandezza sta nel mio maggior dolore. Olà, olà!. Dai più lontani confini rovesciatevi ora quaggiù, flutti audaci di tutta la mia vita trascorsa, e ammucchiatevi in questo grande cavallone della mia morte! A te vengo, balena che tutto distruggi ma non vinci, fino all’ultimo lotto con te; dal cuore dell’inferno ti trafiggo; in nome dell’odio, vomito a te l’ultimo mio respiro (1)

Moby Dick, Adelphi Edizioni, 1987, Milano, p. 586.

Immagine: Photo by vivek kumar on Unsplash

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