Le crudeltà frizzantine della vita quotidiana


Leggendo Sergio Oricci e le sue novelle

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Sergio Oricci, brillante fiesolano che dirige in Romania la rivista letteraria Clean, è apparso con i suoi testi (articoli e racconti) non solo nell’importante blog indipendente Altri Animali, ma persino su ’tina (la fanzine del noto scrittore e autore televisivo Matteo B. Bianchi), The catcher (l’organo ufficiale della Scuola “Holden” di Torino), Split, Tuffi, Dude Mag, CrapulaClub, Osso, In fuga dalla bocciofila, Tipografia Helvetica e Cattedrale.

Ha inoltre vinto il Premio “Bookciak, Azione!” (evento di pre-apertura della Mostra del cinema di Venezia) e ha all’attivo due romanzi: Cereali al neon. Cronaca di una mutazione (Effequ) e Bianco shocking (pubblicato quest’ultimo nel 2014 sotto l’egida del famoso intellettuale, saggista e conduttore radiofonico Tommaso Labranca, che negli anni Novanta lavorò con personaggi di spicco quali Fabrizio Frizzi e per emittenti di prestigio quali la Rai); non bisogna poi dimenticare che Oricci – incluso fra l’altro, a ottobre del 2017, nell’antologia Odi. Quindici declinazioni di un sentimento – ha dato alle stampe anche Pesci di vetro, una raccolta di prose poetiche, uscita nella collana “Quaderni di pagine nuove”, i cui volumi, sempre sorprendenti, vengono curati con splendida e profonda attenzione, dalla giornalista Piera Mattei, per il Gruppo Superstripes/Gattomerlino del professor Antonio Bianconi (ordinario di biofisica all’Università “La Sapienza” di Roma).

Però l’argomento su cui quest’articolo intende soffermarsi e focalizzarsi non è certo l’opera omnia di Sergio Oricci, bensì il suo ultimo libro in ordine di tempo, ovvero l’accattivante silloge di novelle Volevo essere Vincent Gallo, lanciata l’anno scorso sul mercato dalla Pidgin Edizioni di Napoli e in cui le più disparate espressioni artistiche – ad esempio narrativa, poesia e fumetto – subiscono gli effetti di un’ironia ondivaga, per non dire rapsodica, che le spinge a sfumare e “trasmigrare” l’una nell’altra, come i riflessi multicolori che in genere s’intersecano fra di loro sulle superfici interne ed esterne di quei soprammobili di vetro a forma di pesce, così cari all’autore in questione.

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Intanto fitte conversazioni fra un marito ed una moglie (sempre gli stessi, presumibilmente) si avvicendano “spiritate” e, oltre a far da contrappunto ad un io narrante che osserva la vita con distacco stranito e straniante – come fosse costantemente in preda ad un trip lisergico –, delineano una realtà matrimoniale “a puntate”, che si riverbera di storia in storia, quasi che la raccolta constasse non di racconti, ma di strisce autoconclusive: già, le strisce di una serie a fumetti come quella di Arcibaldo e Petronilla, per capirci, o Andy Capp e Flo, magari.

Il tutto sullo sfondo maligno delle numerose crudeltà – frivole e frizzantine, si sa! – che l’esistenza quotidiana non manca mai di infliggere, spietata al volo, ed en passant, come soltanto lei, e nessun altro, riesce ad essere, di norma.

Sergio Oricci, «Volevo essere Vincent Gallo», collana «Ruggine», Pidgin Edizioni, Napoli, 2021, pp. 156, € 14,00

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