Il Sagittario: viaggio dagli Inferi ai Cieli


La visione, la fede, il viaggio. Sono questi i temi messi in luce dal passaggio del Sole nello spazio di eclittica occupato dal nono segno dello Zodiaco dal 22 novembre fino al 22 dicembre.

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L’elemento Fuoco, acceso in primavera in Ariete e divampato d’estate in Leone, nella stagione del Sagittario si innalza in ampie volute di fumo che si perdono nei cieli densi di grigio e gonfi di freddo di questo finire d’autunno.

Sullo sfondo di questo affresco celeste, si staglia la figura dell’arciere dello Zodiaco nell’atto di scagliare le sue saette verso l’ignoto, mosso da una fede interiore di esplorare e valicare i confini di un “lontano” fisico e metafisico.

Il Sagittario è quindi il segno dei viaggiatori, dei filosofi e dei religiosi la cui meta è la ricerca di una Verità ultima, premio finale della loro missione divina – o della loro Crociata bandita al grido di “Deus Vult” – che nessun pericolo o buon senso potranno impedire.

Tra fede e fanatismo, un sottile filo intercorre a separare due atteggiamenti che condividono la stessa dimensione simbolica di ispirazione religiosa. Il fanatĭcus è colui che viene «ispirato» (da fanum, il «tempio»), come ad essere ispirato è il poeta, latore di messaggi divini ai comuni mortali, espressi in immagini pennellate da parole febbricitanti, figlie di una prosa anarchica e non lineare come quella del poeta e drammaturgo Rainer Maria Rilke (4/12/1875 – 1926).

Abdicando alla struttura della trama, cardine del romanzo ottocentesco, nonché alla salda coerenza dei contenuti, Rilke fa smarrire il lettore nel vortice delle proprie memorie personali dalle quali affiora un’universalità di senso, in un delirio deliberato di immagini dai toni impressionisti.

Io imparo a vedere. Non so perché tutto penetra in me più profondo e non rimane là dove, prima, sempre aveva fine e svaniva.

Scrive il Sagittario boemo, viaggiatore instancabile, araldo di una spiritualità rinnovata, volta a  ricercare l’epifania divina nella banalità delle esperienze quotidiane, recanti ancora traccia dell’afrore della Morte della stagione dello Scorpione appena conclusa.

…Allora la morte di Christoph Detlev urlava, urlava e si lamentava, muggiva così lungamente e incessantemente che i cani dapprima facevano coro ululando, poi ammutolivano e non osavano sdraiarsi e ritti sulle loro lunghe sottili zampe tremanti avevano paura.

Di fronte allo stato alterato del fanatĭcus, – mistico, profeta o poeta che sia – la ragione latita atterrita lasciando campo a un invasato furore, come nei versi di quello che è forse il più grande visionario degli ultimi secoli, l’inglese William Blake (28/11/1757 – 1827). 

Tigre! Tigre! divampante fulgore | Nelle foreste della notte, | Quale fu l’immortale mano o l’occhio | Ch’ebbe la forza di formare | La tua agghiacciante simmetria?

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Non di rado, l’epifania del divino, folgorante come sulla “via di Damasco”, lascia un trauma indelebile. Lo sapeva bene Fëdor Dostoevskij (11/11/1821 – 1881), che in un freddo dicembre, pronto sul patibolo a cadere tra le braccia della Morte promessa dalla schiera di fucili puntati, tutto a un tratto li vide abbassarsi all’arrivo della lettera che gli annunciava la grazia dello zar.

E così, il grande scrittore russo – che, seppur Scorpione, in Sagittario aveva Mercurio, dio delle lettere, e che proprio sul pianeta Mercurio gli è stato intitolato un cratere –  scoprì l’esistenza di Dio, rinnegando gli anni giovanili del nichilismo che condannerà per il resto della vita nelle sue opere, specialmente nei Demòni.

Quella di Dostoevskij e del suo viaggio dalle tenebre del nichilismo alla luce della grazia di Dio è la grande parabola del passaggio tra gli ultimi due segni autunnali: dagli inferi dello Scorpione, in cui si incontra e si corteggia la Morte, ai cieli del Sagittario in cui avviene l’espiazione e l’incontro con Dio.

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Forte della propria fede, con l’arco in spalla, la verità in tasca e l’innocenza di un Don Chisciotte, il Sagittarioè pronto ora più che mai ad avventurarsi per lande lontane ed espandere i confini della propria coscienza.

Oppure, per permettere all’altrui coscienza di accogliere i valori della civiltà in cui crede e che per Rudyard Kipling (30/12/1865 – 1936) – che nel segno aveva una discreta scorta di pianeti – fanno parte del pesante fardello dell’uomo bianco che lo scrittore britannico predicava con spirito evangelico come compito irrinunciabile degli inglesi per salvare la gente inquieta e selvaggia delle Colonie, affetti da follia pagana.

Tuttavia, il fardello dei buoni propositi – perché le azioni del Sagittario sono sempre paternalmente compiute a fin di bene – con Joseph Conrad (3/12/1857 – 1924) verrà smarrito tra le anse del fiume Congo dove lo scrittore polacco naturalizzato britannico denuncia il fallimento della missione civilizzatrice dell’imperialismo, descrivendo impietosamente un mondo in cui le differenze tra neri selvaggi e bianchi civilizzati si sono annullate.

Qui si conclude il viaggio del Sagittario sotto lo sguardo fisso di Kurtz, ex commerciante d’avorio, adesso semidio adorato dagli indigeni, vasto abbastanza da abbracciare tutto l’universo, abbastanza acuto per penetrare in tutti i cuori che battono nella tenebra. Egli aveva tirato le somme – e aveva giudicato, “Quale orrore!”

Lontani da facili entusiasmi, siamo già ai prodromi della stagione del Capricorno.

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